Il robot Leonardo[Racconto di Giovanna Gra]
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Beh, devo ammetterlo, a volte il web ha una velocità che non mi sento di rispettare.
Tempo fa, ricordo di avervi inviato un mio report dove raccontavo di alcuni siti in cui si poteva visitare il passato.
Beh, quest'informazione mi ha tormentato per molti giorni e così,
nottetempo sono diventato un cacciatore di ricordi.
Ho attraversato il guado del fiume Fu.
Ho scoperto che è un fiume lento e immobile che ogni giorno si allontana sempre un po' di più dalla sorgente della memoria per proseguire, e poi affluire nel mare dei ricordi.
Mi sono avventurato nei lontani deserti del già accaduto, spinto dalle poderose folate dei venti anteriori
La coste di ieri affondavano in scogliere e dirupi fra i flutti delle poderose e indomite onde precedenti.
In questo paesaggio così lunare ed estraneo ho incontrato un uomo.
Un uomo anziano.
Mi è venuto incontro con la sua barba lunga e bianca.
Indossava, esplorando al tatto, una sorta di saio (che so essere del colore della terra) e aveva un sorriso sincero e candido, lo stesso, ho pensato io, che doveva avere da bambino.
'Che fai costì?' mi ha chiesto.
'Ammiri le ombre, le cose remote e i loro colori?'
Ero molto, molto intimidito, perché dentro di me stava nascendo uno stupito, incantato, meraviglioso sospetto...
Io conoscevo quell'uomo...insomma, lo avevo già incontrato...
'Già' ho risposto (senza dire che non posso vedere)
'E' bello qui'
'Anch'io lo facevo quando ero come te piccino' disse sedendo accanto a me.
Poi, schiarendosi la voce, ha continuato:
'Ho immaginato molte cose nella mi' vita, e 'l mi' occhio l'è quello dei contemplanti.
Tu guarda là, per esempio, come s'inchina quell'ombra maestra.
Pare una damigella della luce al cospetto della regale e piatta scogliera'
Non riuscivo nemmeno a deglutire...più ascoltavo quel signore e più la sua faccia e il suo modo di parlare mi convincevano che lui...
'Orsù citrullo, cos'è che ti spinge in terre si lontane?
E com'è che mi fissi immobile col volto tapino, dove tutto par si sia dileguato, fin'anco l'ingegno?'
Aveva ragione.
Da qualche minuto mi sentivo come se il viso mi si fosse trasformato in una sintesi vocale, e sul dispositivo suonasse in loop la descrizione della mia espressione più idiota.
Ma, accidenti, quello che avevo davanti (e ora ero sicuro di non sbagliarmi) era nientepopodimenoche il grande maestro Leonardo Da Vinci!
'E però, se fissi quelli monti per elucubrare lo capisco.
Anch'io lo fo' spesso.
C'ho anche scritto in merito e circostanziato a lungo, ovvero:
come i monti ombrati dai nuvoli partecipano del colore azzurro...
forse t'interessa?'
Lo ascoltavo basito.
Alla fine mi feci forza.
'Si, certo maestro.
In realtà sto navigando per questi lidi per pura curiosità. E in verità son un ragazzo non vedente, ma in un certo riesco a vedere lo stesso quello che voi raccontate'.
'Ah...benedetta fantasia eh?
Ma io ti capisco bene sai...' fece lui con aria complice.
'La curiosità è cosa buona, è pane per il mistico' disse sospirando.
Mi limitai a sorridere.
Naturalmente, anche lui era curioso e, indicando il mio computer, chiese:
'Cos'è quella scatola che tu pigi in continuazione?'
'Un computer, maestro'
'Un che?' chiese lui stupito.
'Un computer, maestro.
Una scatola meccanica'
Me lo sfilò dalle mani, incominciò ad ispezionarlo, mi chiese i perché e i percome seguendo perfettamente le mie deliranti spiegazioni, per poi lasciarmi di stucco...
'Anche io c'ho ragionato sulla meccanica' disse sospirando.
Io mi disposi con un'espressione da triglia ad ascoltare.
'...E a lungo, ti dirò.
Nello specifico sulla meccanica umana, perché l'omini son davvero perfetti congegni con tutte quelle lunghe leve che si le 'ncroci diventano abbracci
e si le distendi, dal piede ai ginocchi, mirabili salti'.
'Beh' dissi io timidamente 'l'uomo è una bella invenzione...
e, con tutto il riguardo per il cielo, sarebbe potuto essere una sua idea, maestro'.
Sembrava lusingato dalla mia affermazione, quindi si avvicinò con aria furba e mi sussurrò:
'No che non l'ho inventato, l'uomo...
però, debbo ammetterlo, da giovanetto ci disegnai un replicante'
'Davvero?
Esclamai entusiasta 'E cioè?'.
Lui si accomodò le pieghe del saio e incomincio' a raccontare.
'Se non ricordo male c'era una festa alla Sforzesca di Milano.
C'era bisogno d'eventi e festeggiamenti.
Io, da par mio, rimuginavo e rimuginavo:
cosa fo', cosa non fo'...e così mi dico:
alla festa ci vo', ma in compagnia di un bell'automa cavaliere, voglio vedere le facce delli presenti.
Così mi ci metto d'ingegno e di sapere.
Mi fo' tutto uno studio delle membra degli uomini gnudi, delli moti potenti e impotenti dei loro piegamenti.
Fo' un simposio sui riflessi del tirare, dello spingere e del serrare le giunture.
Poi mi occupo della grazia, della gravità, della comodità delle membra e del gesto con l'impeto e del relativo moto'.
'E poi?' domando incantato.
'L'avete realizzato l'automa cavaliere?'
'Maremma, si!
I posteri, malvagi, non lo dicono, ma certo che egli ci fu!'
Il maestro si alzò in preda all'entusiasmo per descrivermi la sua meravigliosa creatura.
'Egli c'aveva, invero, li piedi, e s'elevava alzato come fosse un vero umano.
Le braccia si manifestavano come l'ali, la testa la moveva con cognizione e le mascelle in su e in giù.
Poscia, grazie a dei tamburi messi in loco al posto del cuore, esso tentava financo di cimentarsi co' la parola.
Naturalmente non era ignudo, era vestito di ferro, dall'elmo allo schiniere, al di fuori.
Dentro, rivestito di pelle, legno e metallo.
Po' misi dei tendini pe' cordini e qualche muscolo di legno di ciliegio.
Quindi gli posi un orologio nelle visceri, che non si sa mai'.
'Meraviglioso!' esclamai io 'Accidenti, quanto avrei voluto vederlo! E poi ne fece degli altri?'
'Maremma, si!
Progettai financo un leone della foresta quale automa animale, ma anche di questo i posteri danno notizie false.
Ma il mio leone c'era con cotanto di ruggito e pelliccia.
Però...' prosegui stirandosi a fatica
'...ora sono stracco e vecchio, ne parleremo un 'altra volta mio bel citrullo, che mi sto seccando delle mie parole e l'ombre avanzano sui nostri crani.
Ciò suggerisce che lo sole s'è eclissato e io lo imiterò'.
E così mi salutò e scomparve.
Sono rimasto solo sul mio terrazzino, troppo eccitato per andare a casa, troppo esterrefatto per spegnere il mio portatile.
E così, incomincio ad indagare...
domanda:
ma se Leonardo ha inventato un robot, da quanto tempo l'uomo cerca d'imitare se stesso?
Introduco la parola chiave.
Il lemma Robot deriva dal termine 'Robota' inventato per un suo racconto dallo scrittore Karel Capek.
Il termine significa:
lavoro pesante.
Ma qual è, mi chiedo, la definizione di robot?
Direi che si può definire robot un congegno assolutamente artificiale, programmato, assemblato e organizzato.
Tale congegno viene tarato per effettuare delle azioni e questo è il suo compito esclusivo e principale.
La ragione per cui penso che i computer ci abbiano sempre affascinato è che ci ricordano i nostri giocattoli, e chi non avrebbe voluto scambiare quattro chiacchiere con l'orso di peluche, prima di andare a dormire?
In fondo, l'uomo è sempre in cerca del suo specchio, del suo doppio, di un alter ego.
E forse non è un caso che per tanto tempo si sia posto l'annosa domanda:
Chi sono?
O meglio, sono davvero questo?
Sono, ossia, il risultato di un disegno, di una macchina perfezionata dall'altissimo genio?
O sono fatto della pasta dello spirito?
E dunque:
è la materia tangibile di cui sono fatto o l'anima impalpabile che sento abitare dentro che produce la vita e che mi muove?
Mentre si ponevano questi amletici e insoluti quesiti, però, gli uomini hanno continuato a immaginare, a creare, ad inventare degli altri loro stessii.
E cominciarono, addirittura, dall'antica Grecia.
All'epoca di Erone di Alessandria, in un trattato meglio conosciuto come
Pneumatica, questi progettò addirittura le prime braccia meccaniche per facilitare l'apertura delle porte di un tempio.
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