Preludio ai venti di guerra




[Racconto di Paola Manoni]


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Conflitto, ostilità, lotta, contrasto, concorrenza, disputa, dissidio, contesa, scontro... in una parola, il mio nome: la Guerra!
Guerra che si dichiara, che si muove, guerra in cui 'si entra', guerra che devasta, che brama sangue e grida vendetta...
Lotta armata tra Stati o coalizioni per la risoluzione di una controversia.
Guerra che deriva dalla parola wërra dell'Alto tedesco medievale che significa "mischia".
Guerra per bande, guerra di religione, guerra civile, guerra di posizione, partigiana, etnica...
Guerra atomica, batteriologica, chimica, convenzionale financo asimmetrica e virtuale!
Guerra totale, guerra mondiale!
Sissignori, nella mia multiforme specie vi narro, di quest'ultima: la Grande Guerra che salutò l'inizio del secolo ventesimo col più grande dispiegamento di armi e uomini mai concepito fino ad allora, con la partecipazione di nazioni europee ed extraeuropee.
Un capolavoro di Pòlemos, demone di Ares, dio della guerra, che con le altre entità guerresche infesta i campi di battaglia.
Orbene, la Prima, grande, Guerra Mondiale!
Per quale causa, discordia, contrasto il mio sacro fuoco attecchì sulle genti d'Europa?
Perché la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia nella calura del 28 luglio 1914?
Esattamente un mese prima avveniva un fatto di sangue: l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico, e sua moglie, furono assassinati in un attentato, per mano di studenti bosniaci mentre si svolgeva una visita a Sarajevo, capitale della Bosnia.

Nel Museo di storia militare di Vienna si trova l'automobile in cui viaggiavano i reali.
Il veicolo decappottabile, ha un aspetto fascinoso.
L'unico indizio che ricorda l'assassinio è un foro sul sedile posteriore destro, attraverso il quale passò la pallottola che colpì Sophie, la moglie dell'arciduca.
Un dettaglio piccolo, così come l'episodio in sé stesso, rispetto all'estensione della guerra.
In un grande incendio vi è sempre una piccola scintilla che si accende e causa la conflagrazione ma, solo se ci sono le condizioni a contorno che lo rendono possibile.
Non fu difficile per me alitare sul fuoco e sfruttare l'attentato di Sarajevo, come epifenomeno - per parlar forbito - di ben altri grandi eventi che da anni, poco a poco, preparavo con cura.
Andiamo per ordine e analizziamo i fatti.
La strategia della tragedia imminente fu un mio allestimento ingegnoso con il gioco a incastro di quattro ordini di problemi, buttati sui tavoli dei palazzi di potere.

1. Il permanere dell'ostilità francese verso la Germania accresciutasi con l'annessione della regione Alsazia-Lorena la quale, a seguito della Guerra franco-prussiana (1870-71), era diventata un Reichsland dell'Impero tedesco;

2. Le mire espansionistiche della Germania nel colonialismo africano e asiatico;

3. Il contrasto austro-russo nei Balcani

4. La concorrenza economica e commerciale delle nazioni industriali, nella grande corsa agli armamenti.

Ebbi davvero buon gioco con il bellicismo nazionalista che attraversava tutto l'Occidente e si infiltrava nella struttura sociale, nelle coscienze individuali, nell'ideale patrio, nell'essenza estetica del mito eroico.
Trama e ordito della Grande Guerra tessuti con cura, anni ed anni prima lo scoccare dell'estate 1914.
Ma voglio spiegarmi e dipanare i fili che conducono al conflitto.
Uno di questi risale verso l'imperialismo: il tentativo di spartizione del mondo in possessi coloniali e zone d'influenza delle grandi potenze europee, alla fine del secondo diciannovesimo.
Per fornire un ordine di grandezza, per chi non lo sapesse già: i domini coloniali britannici che nel 1876 si estendevano per un'area di 22 milioni e 500 mila chilometri quadrati, contavano nel 1914 una superficie di 33 milioni e mezzo, con 394 milioni circa di abitanti.
Le colonie francesi: nello stesso periodo passarono da 900 mila chilometri quadrati a 10 milioni e 600 mila, abitati da circa 55 milioni di anime.
Altri paesi come la Russia, la Germania, l'Italia, il Belgio, gli Stati Uniti entravano in gara nella corsa espansionistica.
Il dominio coloniale si estese a quasi tutte le superfici disponibili del Pianeta facendo assumere al fenomeno una forma universale di azione politico-economica delle potenze industrializzate.
Una roba pazzesca!
Strettamente legato allo sviluppo del capitalismo industriale, il moderno colonialismo derivò dalla necessità di accaparrare materie prime e sbocchi di mercato così come dalla ricerca di nuovi ambiti d'impiego del Capitale.
Il mostro si aggirava per l'Europa e divorava i tesori nascosti delle terre e delle genti, prive di quei mezzi di sfruttamento che sono propri della ricchezza e della tecnologia industriale.
Di conseguenza, nella seconda metà dell'Ottocento si stabilì una vera e propria spartizione dell'Africa così come dell'Asia.
La Gran Bretagna inaugurò una nuova azione coloniale africana facendo l'abile acquisto delle azioni del canale di Suez dal governo egiziano, la cui amministrazione finanziaria fu posta sotto il controllo di una commissione franco-inglese nel 1876.
Dopodiché gli inglesi completarono l'opera dando avvio all'occupazione militare dell'Egitto e poi del Sudan, per poi ampliarsi verso la Somalia e la Nigeria, senza contare i territori già conquistati in Africa del Sud (la Colonia del Capo del 1814) che fornivano agli inglesi i grandi approvvigionamenti di oro e diamanti.

La Francia, che aveva già dei possedimenti in Algeria, Senegal, Costa d'Avorio e Réunion, conquistò la Tunisia e costituì i possedimenti costieri dell'Africa Occidentale, includendo anche il Congo francese, il Dahomey e il Sudan Occidentale. Ma l'occupazione francese in Africa settentrionale, con l'espansione in Magreb, contribuì a innestare una crisi nella quale la Germania si rifiutava di riconoscere il protettorato francese in Marocco e questo fruttò ai tedeschi la contrattazione di un territorio di 270 mila chilometri quadrati nel Congo francese.
La Germania stabilì delle colonie in Camerun, nel Togo e in alcune regioni sud-occidentali e orientali del Continente.
L'Italia acquistò la Baia di Assab, occupò Massaua e la colonia Eritrea; governò una parte del territorio somalo e si preparò alla conquista dell'Etiopia, riportando una clamorosa sconfitta a Adua. In seguito realizzò l'occupazione della Libia che riportò l'Italia nella gara imperialistica.
Nello scacchiere internazionale, attraverso queste conquiste e relazioni internazionali, si stabilirono degli equilibri, invero precari, suggellati da alleanze la cui instabilità poteva facilmente aprire crisi e fronti di guerra - in sintesi... quanto occorreva a me per dare corso ai miei grandiosi piani!
Che dire d'altro tra i prodromi della mia venuta?
Adoro la bistecca alla Bismarck (servita al sangue, ovviamente) e ancor più sono pazza del suo Cancelliere che a lui deve il nome: che uomo d'ingegno quel tedesco!
La sua politica estera ebbe un peso crescente che per molti rivoli conduce diretta a me.
Prima del 1880 la politica internazionale europea era ancora attraversata dall'onda d'urto innescata dal duello franco-prussiano.
Il risentimento della Francia, il suo spirito di revanche per la sconfitta del 1870 e la perdita dei suoi territori passati alla Germania si misurava con la diplomazia di Bismarck per impedire alla Francia di trovare alleati stranieri e tentare la rivincita, attraverso accordi tra Germania, Austria e Russia del 1873.
Del resto in quegli anni era ancora difficile un'alleanza tra Francia e Inghilterra, a causa degli interessi coloniali sicché in questo quadro veniva favorita l'egemonia della Germania.
Chiaramente io vivo solo nel contrasto e, di conseguenza, dovevo porre subito rimedio attraverso una turbativa della stabilità che temevo potesse delinearsi.
Organizzai una nuova crisi nei Balcani, terra in cui il seme dell'instabilità germoglia facilmente.
Il fuoco della rivolta si accese in Bosnia e in Bulgaria contro il dominio turco.
Lo zar Alessandro sfruttò il clima particolarmente cruento dei fatti bulgari e intervenne, provocando la guerra turco-russa (1877-1878).
La Turchia, sconfitta, rinunciò al dominio sulla Bulgaria che formò uno stato apparentemente libero, sotto il controllo russo.
Stavo lì lì per spuntarla con un allargamento del conflitto - poiché tale sistemazione turbò sia l'Austria che l'Inghilterra - quando il Bismarck intervenne da paciere con il suo Congresso di Berlino.
Tuttavia tale evento non venne a nuocermi poiché la spartizione geopolitica che ne seguì avvicinò di molto i miei obiettivi bellici mondiali.
Dal congresso uscirono apparentemente tutti contenti: l'allora Stato di Bulgaria fu diviso in tre parti: un principato bulgaro semindipendente; una provincia autonoma della Rumelia orientale, la Macedonia sotto l'influenza turca, la Bosnia e l'Erzegovina all'Austria-Ungheria, la Bessarabia - con lo strategico porto di Batum sul Mar Nero - alla Russia, Cipro all'Inghilterra mentre la Francia ebbe il consenso delle potenze all'occupazione della Tunisia.
Come si sa, la brace resta accesa sotto la cenere: a parte questa provvisoria sistemazione pacifica delle controversie d'Europa orientale, la Gran Bretagna e la Russia rimanevano ancora storiche antagoniste.
Subito dopo il Congresso, le due potenze si scontrarono in Asia centrale, per il predominio sui territori situati tra la Russia e l'India.
Nel 1885 si stabilì che l'Afghanistan divenisse uno stato-cuscinetto senza tuttavia trovare una soluzione stabile per l'influenza dei due colossi sulla Persia.
Sempre in questo periodo, vi furono altre significative rivalità coloniali tra Gran Bretagna e Francia, a proposito delle mire rispettivamente poste sull'Egitto e sull'Indocina.

In questi equilibri internazionali, Bismarck sfruttò bene le occasioni e utilizzò le rivalità nella politica mirante all'isolamento della Francia.
Prima si preoccupò dell'alleanza con l'Austria cui poi si unì la Russia ed infine realizzò la Triplice Alleanza tra la Germania, l'Austria e l'Italia, stipulata nel 1882... e l'Italia, ebbene sì... sopportò un'alleanza con l'Austria per la paura dell'espansione francese nel Mediterraneo essendo rimasta sotto choc per l'invasione dell'anno prima della Tunisia, a poche miglia dalle coste siciliane!
Ma questo assetto poco dopo si sgretolò per i problemi balcanici... lì dove scoppiò la mia miccia.
La Russia cambiò orientamento e si alleò con la Francia. La Germania, venuto meno il ruolo del Cancelliere, spostò i suoi interessi da una politica estera europea a uno sguardo mondiale dove, con l'ascesa di Guglielmo II, la Germania si lanciò in una sfrenata concorrenza economica con l'Inghilterra.
Il nazionalismo tedesco abbandonò completamente la politica difensiva di Bismarck per lanciarsi in un colonialismo della 'Grande Germania' mentre Stati Uniti e Giappone si affacciarono sullo scenario imperialistico.
La Germania mirò all'Africa, all'Estremo Oriente, al Pacifico e adottava a livello internazionale una concorrenza economica all'insegna del dumping mettendo in difficoltà le esportazioni britanniche.
La Gran Bretagna si avvicinò alla Francia e nel 1904 i due paesi siglarono un accordo importante per il riconoscimento dei reciproci interessi coloniali, a difesa dell'orientamento ostile della Germania che intanto investiva somme ingenti per la costruzione di una grande flotta militare.
E l'Italia allentava le maglie della Triplice Alleanza, al rinnovo dell'accordo nel 1902, per ammettere altre possibili intese, in un riavvicinamento con la Francia.
Il nuovo secolo, oltre all'Esposizione universale, venne salutato all'insegna del contrasto: le tensioni internazionali, l'inasprimento della lotta per i mercati, l'instabilità politica e sociale posta, a livello interno, tra i ceti industriali e le classi lavoratrici e, soprattutto, un comune senso bellicista che predicava una guerra "rigeneratrice"... un balsamo per le mie orecchie!
Nella polveriera della regione balcanica, i movimenti nazionalistici e l'occupazione austriaca per l'annessione della Bosnia-Erzegovina nell'Impero, suscitarono il grande risentimento della Serbia, gravitante nella sfera d'interesse della Russia.
Ne scaturirono due guerre: la prima e la seconda guerra balcanica che, in estrema sintesi, furono causa di un ulteriore assetto dei Balcani assai precario, con il predominio serbo che spingeva le popolazioni slave ad allearsi con la Russia, contro l'Austria che era sempre più vicina alla Turchia.
Quando furono uccisi l'arciduca Francesco Ferdinando con sua moglie, l'Austria rispose al governo serbo con un ultimatum; il che avrebbe potuto far pensare allo scatenarsi di una terza guerra balcanica.
I contemporanei non conoscono mai la portata delle proprie azioni mentre io mi divertivo a giocare col mio flipper in cui lanciavo piani di guerra come palle carambole.
Invece, dopo l'ultimatum: la Russia proclamò lo stato di mobilitazione a favore dello Stato balcanico a cui reagì subito la Germania dichiarando guerra alla Russia e alla Francia ad essa alleata.
I tedeschi avevano elaborato, negli anni precedenti il 1914, un piano militare dettagliatissimo che puntava tutto su un preliminare attacco lampo contro la Francia, attraverso il Belgio e il Lussemburgo.
Erano convinti che la lentezza russa, a causa dei suoi mezzi inadeguati di comunicazione e del suo arretrato sistema logistico, li avrebbe aiutati.
La Germania, nell'arroganza bellica di non riconoscere la neutralità di un altro paese, decise di dare inizio alle sue operazioni militari attaccando il Belgio che con i patti internazionali del 1831 si era posto come Stato neutrale.
Alla resistenza dei civili, i tedeschi diedero vita in Belgio a manifestazioni di terrore.
A Dinant 612 persone - tra uomini, donne e bambini - vennero fucilati nella piazza centrale mentre a Lovanio si dava fuoco alla grande biblioteca, in un crescendo di violenza urbana e di morte che perdurò per tutto il passaggio in Belgio: fatto cruento che funge da precedente funesto delle tante atrocità contro i civili, che si sono svolte lungo tutto il secolo.
Il 4 agosto 1914, entrò in scena la Gran Bretagna, con la sua dichiarazione di guerra all'Austria e alla Germania a cui seguì il Giappone con il suo schieramento sul fronte cinese, contro i possedimenti tedeschi in Cina.
La mobilitazione di armi, di risorse umane, in un'ampiezza di fronti mai vista prima di allora, fece di me, la Guerra, uno strumento di morte e distruzione di diversa fisionomia rispetto al passato e assai più potente.


La Germania credeva fermamente nella sua superiorità militare. L'opinione pubblica tedesca riteneva che in circa un paio di mesi si sarebbero chiusi tutti i conflitti con il trionfo del proprio nazionalismo vincitore.
E per Natale, tutti a casa!
Ma si sbagliava poiché i francesi adottarono una tattica vincente, concentrando tutte le difese su posizioni difensive non previste.
La gigantesca battaglia, lungo il fiume della Marna, lo dimostrò chiaramente.
La guerra lampo, pensata dai tedeschi, si trasformò in guerra di posizione che fece risaltare, già dai primi quaranta giorni di conflitto l'entità dell'orrore: 500 mila soldati morti in Francia!
Già dai primi atti di guerra si sommarono gli orrori di tutte le epoche
I feriti morivano nelle trincee e i corpi rimanevano putrefatti.
Le bombe piovevano dagli aerei e gas velenosi asfissiavano e ustionavano i soldati.
Sul mare le navi militari come quelle civili venivano affondate senza dare alcuna possibilità di vita ai naufraghi.
Si affrontavano, in un crescendo di violenza, non solo gli eserciti contrapposti, ma anche l'identità delle nazioni.
La Gran Bretagna, oltre a garantire ai suoi alleati i rifornimenti, intervenne con la sua supremazia navale per istituire un blocco economico.
La Royal Navy costituiva l'eccellenza militare inglese; modello a cui guardava l'ammiraglio tedesco Alfred von Tirpitz il quale voleva una flotta tedesca in grado di superare gli anglosassoni.
I tedeschi, nel tentativo di forzare il blocco economico navale, inaugurarono la guerra sottomarina che non lesinava colpi nemmeno alle navi civili.
Nel maggio del 1915, l'U-Boot 'U-20' affondò il transatlantico RMS Lusitania.
Delle 1.195 vittime, 123 erano civili americani, tra i quali un noto produttore teatrale e un membro della famiglia Vanderbilt. Questo contribuì ulteriormente a portare l'opinione pubblica statunitense contro la Germania, prima dell'entrata in guerra degli Stati Uniti a fianco degli Alleati.
Sul mare e altrove, la formula di "guerra totale" che assunse il conflitto fu tale in virtù del forte investimento tecnologico che aveva compiuto l'industria bellica di tutti gli Stati.
La guerra aerea faceva un effetto cosmetico sulla gente.
Il fascino popolare dei piloti da caccia, gli spettacolari virtuosismi acrobatici degli aerei nascosero il fine ultimo dell'aviazione nel conflitto mondiale: un occhio dal cielo per individuare l'artiglieria nemica e aprire il fuoco.
Inizialmente i velivoli erano armati con mitragliatrici.
Famosi furono il pilota francese, Roland Garros, che utilizzò una mitragliatrice di prua per abbattere un ricognitore tedesco e la tecnica sviluppata sull'uso del timer per sincronizzare il passaggio dei proiettili tra una pala e l'altra dell'elica.
L'opinione pubblica esaltava i combattimenti aerei: gli "assi" del cielo erano gli inglesi Albert Ball, , Edward "Mick" Mannock della Royal Flying Corps, il tedesco Manfred von Richthofen più famoso come "Barone Rosso" per via del colore del suo mitico velivolo Fokker, il canadese Billy Bishop.
La tattica più in voga era di piombare giù dall'alto, abbattere l'avversario con una raffica di colpi e poi scomparire repentinamente dalla scena.
Inoltre i tedeschi si specializzarono nei bombardieri che trasportavano ordigni anche di 100 chili, con i dirigibili Zeppelin (usati contro l'Inghilterra nel maggio 1915) così come con i biplani denominati Gotha, impiegati per bombardare Londra.
La guerra di terra ebbe invece la prerogativa dei mezzi corazzati in grado di superare le linee di trincea e vanificare l'azione delle mitragliatrici.
I carri armati furono la peculiarità degli Alleati: famoso il britannico "Little Willie": scatolone rettangolare con cingoli a i due lati dal cui disegno si trasse il "Mark I", di forma romboidale, con cannoni da sei libbre montanti su piattaforme sporgenti o con mitragliatrici.
La guerra chimica fu una delle più tremende innovazioni messe in campo, dovuta all'avanzatissima industria chimica tedesca che introdusse negli armamenti le bombe a gas.
L'uso massiccio di questo mezzo subdolo fu a partire dal 22 aprile 1915 sul campo di battaglia di Ypres, in Belgio.
La località fu anfiteatro di diverse importanti battaglie: la prima, nell'ottobre del 1914, che passa alla storia come momento conclusivo della guerra di movimento e affermazione della guerra di trincea.
La seconda è invece nota per l'attacco a sorpresa dei comandi tedeschi contro le truppe anglo-francesi impostato esclusivamente sull'utilizzo del gas letale, a base di cloro.
Il 22 aprile vi erano delle condizioni meteorologiche di vento a favore per far avanzare, sulla linea inglese, una nuvola letale che sembrava l'onda di un maremoto.
Al termine dell'attacco i gasati furono circa 15.000, dei quali più di 5.000 morirono subito.
Vi riporto una testimonianza tedesca, che suona tremenda anche alle mie orecchie di guerra e, rimandandovi alla prossima puntata, vi lascio con la saggezza di Tolstoj che dice:

Come non si può spegnere il fuoco con il fuoco,

né asciugare l'acqua con l'acqua,

così non si può eliminare la violenza con la violenza
.


Testimonianza della battaglia di Ypres

Le conseguenze dell'organizzato attacco coi gas sono state spaventose ma l'idea di avvelenare le persone mi piace poco.
Riusciremo certamente ad attirarci le ire del mondo intero, anche se poi tutti finiranno per imitarci.
Tutti i morti giacciono sulla schiena, i pugni serrati, e il terreno è completamente colorato di giallo.
[...]
Dopo i recenti attacchi un esercito giace addormentato di fronte a una delle nostre brigate: riposano in buon ordine, l'uno accanto all'altro, e non si sveglieranno più: sono le divisioni canadesi.
Le perdite del nemico sono enormi.
Il campo di battaglia è spaventoso: si è sopraffatti dal lezzo particolarmente acre, forte e penetrante dei cadaveri.
Si sale su una passerella e ci si rende conto che a sostenerla nel mezzo è solo la carcassa di un cavallo morto da un pezzo.
Uomini uccisi l'ottobre scorso giacciono metà negli acquitrini e metà nei campi di barbabietole che germogliano giallastre.
Le gambe di un inglese, ancora avvolte nelle fasce, spuntano da una trincea, mentre il busto è interrato nel parapetto; un soldato vi appende il fucile.
Lungo le trincee scorre un rivolo d'acqua, e tutti l'utilizzano per bere e per lavarsi, essendo l'unica acqua a disposizione.
Nessuno si dà pensiero del cadavere dell'inglese che va decomponendosi qualche passo più in su
.


[B.Binding, Aus dem Kriege, Frankfurt am Main, 1919 (Rütten & Loening, 1925)
Cfr: Stuart Robson, La Prima guerra mondiale, Bologna, c2002, p. 46].



Riferimenti bibliografici essenziali


Martin, G. La grande storia della prima guerra mondiale, Milano, 2010.


La conquista delle colonie in: La grande guerra 1914-1918: la drammatica storia della Prima guerra mondiale [DVD], Bresso, 2009.


Dalla Volta, R. Crisi della concorrenza, concentrazioni industriali e imperialismo all'alba del Novecento, Firenze, 2009.

 

 

 

 

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