Una pallina che rimbalza




[Racconto di Giovanna Gra]


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Salve a tutti, gente!
Oggi vado di fretta.
Sì, è vero, è molto presto, il sole fa capolino fra le tegole ancora umide di rugiada e i tetti della città scintillano ai primi raggi.
Ma oggi è giovedì e la mattina del giovedì è una mattina che, storicamente, mi appartiene.
E' da quando ho memoria che questo avviene di giovedì.
E quindi, ogni giovedì all'alba, Susanna mi apre la porta di casa e mi lascia andare libero, libero come un pettirosso, per fare una bella cavalcata nell'immenso parco pubblico che abbiamo sotto casa.

Insomma, come tutte le persone dinamiche - e io, senza dubbio, sono un tipo molto dinamico - vado a fare...jogging!

Normalmente mi bastano cinque giri del parco per fare un po' di fiato.
E, normalmente, i miei giri terminano poco prima che la vita in città cominci, considerato che la presenza di un lupo, per quanto corretto e addestrato come me, potrebbe creare qualche inquietudine.

Il palazzo dove viviamo io e Susy è esattamente sulla sommità di un'ampia curva.
Il quartiere è abbastanza signorile e la lunga strada è sovrappopolata di negozi à la page, ristoranti trendy e bar dove, nel pomeriggio, piovono branchi di avventori per consumare drink, aperitivi e, soprattutto, patatine croccanti delle quali resta qualche gustosa traccia la mattina dopo.

Dopo tanti anni, nel quartiere mi conoscono quasi tutti.
Appena esco, per esempio, vado all'edicola di Gimmi.
E' simpatico, Gimmi, e soprattutto mi adora:
tanti anni fa aveva una lupa della mia razza.
Si chiamava Gilda, una bella rossa dall'occhio malandrino.
Se è in vena di nostalgie, Gimmi me ne parla.
E se la nostalgia è davvero tanta, estrae dalla tasca esterna dei jeans un portafoglio di cartone e mi mostra la foto consunta della bella Gilda che, con un avvitamento in aria e la grazia di una libellula, sta facendo sua una bella pigna matura (per i più esperti, meglio conosciuta come strobilo) che, a occhio e croce, deve aver già rilasciato tutti i suoi semi.

Noi pastori, con buona pace del labrador, siamo i maggiori esperti di pigne del mondo.
E' così, lo dico senza tema di essere smentito.
Siamo dei masticatori eccellenti, veloci nell'individuare la più fragrante che non si rompa, la più grossa, possibilmente mascella compatibile che sia 'pinolo-fornita' e 'resina-esente'.

 

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Immagine in primo piano di Slalom al parco (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vede il pastore tedesco su un prato. Sullo sfondo il particolare di un vaso di fiori.. Particolare del muso, lato destro.Particolare del muso, lato sinistro.
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E' un fatto.
E non c'è Golden né Labrador né Cocker che possa insegnarci alcunché.

Anyway, se poi l'amico Gimmi, il giornalaio, è in vena e in pace col mondo, possono accadere cose strabilianti.

Come quel giorno che, con l'inserto di un famosissimo quotidiano, regalavano una palla.
Credo fosse la pubblicità per una società di assicurazioni.
Ad ogni modo, io avevo fatto capolino all'edicola e guardavo incantato Gimmi che serviva alcuni clienti.
"Ecco qua, avvocato, le ho messo da parte l'inserto sportivo, come mi aveva chiesto" sorrideva ammiccante.
Poi, ad un'anziana signora:
"Signora Menegoni, a lei il numero di Febbraio di Moda & Sfoga".
E ancora, vedendo arrivare il colonnello Strambati con passo marziale, aveva urlato allegro:
"Colonnello, gradisce l'omaggio con il quotidiano?"
"Ma figuriamoci!
Che corbellerie!" aveva esclamato il severo graduato scandalizzandosi.
A quel punto, Gimmi mi aveva fatto l'occhiolino, al quale avevo risposto con una bella sventagliata di coda.
Lui, senza troppi preamboli, sfilata la palla dal cellophane, me l'aveva tirata.

Con un avvitamento in aria degno di Gilda, intercettavo la palla e, con un latrato di riconoscenza, mi sfilavo dalla piccola ressa dell'edicola (non si sa mai che il colonnello ci dovesse ripensare!) e mi dirigevo a grandi falcate verso il parco con una splendida palla verde fra le fauci.
Dico splendida perché, per quanto cercassi di romperla, non mi riusciva.
E questo fa la differenza fra una palla degna di questo nome e un volgare globo qualunque.
Proseguendo per il gran curvone che rasentava la via di casa, non avevo potuto fare a meno di andare a trovare il mio amico Byron.


Byron era ed è un setter inglese che abita in una villa bellissima, quasi dirimpetto al parco.
L'unico vero difetto della sua bella casa è che ha un lungo perimetro di sbarre.
Per contro, però, ha un giardino davvero grande.
Ci piace ogni tanto intrattenerci a parlare del più e del meno.
E in alcune mattine d'estate posso permettermi di perdere un quarto d'ora con lui...
"Hai visto la vecchia Betsy, di recente?" mi aveva domandato Byron quel giorno, con la sua solita aria decisamente british.
"No.
A dire il vero, è un pezzo che non la incontro al parco".

 

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Immagine in primo piano in primo piano di Slalom in prossimità di un albero. (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vede il cane accanto all'albero, con sguardo intento, sullo sfondo dei cespugli.Particolare del corpo del cane.Particolare del muso del cane.
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"Eh, perché ha avuto una terribile lombaggine.
Dubito che tornerà prima dell'autunno".
"Oh, mi spiace, povera Betsy.
Non c'è niente da fare, quello è un punto terribilmente debole per i bassotti tedeschi".
E via discorrendo...

Dunque, quel mattino avevo appena salutato Byron che un effluvio di vaniglia aveva totalmente irretito le mie narici.
Nel frattempo ero arrivato al semaforo di fronte al parco, ma la tentazione di affacciarmi alla pasticceria di Augusto era troppo forte per resistere.
Infatti era proprio dal suo negozio che aveva origine la gustosa pista olfattiva!
Sapete cosa fanno certe pasticcerie alle sette del mattino?
Beh, se non lo sapete ve lo dico io, perché son segreti che conosce solo chi si sveglia all'alba.
Certi negozi lavano i pavimenti con degli speciali detersivi all'aroma di vaniglia, così che la gente sia tentata dai gustosi effluvi.
Essenze favolose, quasi magiche, che farebbero vacillare anche la statua di un cane!
Figuratevi un cane in carne e ossa...
Tra l'altro, fonti ben informate mi dicono che anche gli uomini perdono molte certezze davanti a certi refoli zuccherosi.
Dunque, senza troppi indugi avevo posato la mia palla e mi ero messo in attesa.

"Ehi, Slalom, di' un po', ti è venuta l'acquolina?", aveva urlato Augusto mentre affondava lo straccio in un secchio che avrebbe fatto cariare i denti a un dromedario.
"E poi bastardi sono i cani..."
pensavo, mentre scodinzolavo speranzoso e incapace di fermare la mia coda.
Forse perché c'era il sole, forse perché era in buona, forse perché la mia espressione da muso illuso avrebbe commosso anche un gatto incavolato, dopo un curioso movimento di vassoio, l'avevo visto saettare come un boomerang:
le cornette roteavano incessantemente nel vuoto assoluto, spargendo zucchero a velo come se fosse la notte di Natale.
Mentre le mie zampe posteriori si chinavano nella risoluta intenzione di covare un poderoso scatto, i miei occhi studiavano dinamica e traiettoria.
Il mio pelo era ritto e connesso al mondo, pronto ad intercettare imprevisti avversari e predatori.
Nello slancio, avevo spiato con rammarico qualche virgola di pasta sfoglia cadere eroicamente sul marciapiede.
Ma ora, il cornetto era ad un attimo dal mio incisivo e non me lo feci ripetere due volte.
Quindi con il muso ben guarnito di zucchero a velo, lo stomaco soddisfatto, un latrato al mio benefattore e la mia preziosa sfera fra le fauci, avevo puntato dritto verso il parco.

All'entrata del giardino avevo incontrato il mio amico Pedro provvisto di pettorina e guinzaglio, data la mole.
Pedro, per chi non lo sapesse è un dogo argentino ed è il cane di Ada, la migliore amica di Susanna.
"Hola, Slalom, amigo! Te gusta la mañana?
Donde has estado recientemente?"

"Ehi, Pedro, ciao!
Sì, hai ragione, è una giornata splendida.
Dove sono stato di recente?
Oh, beh... ho avuto parecchio da fare con Susanna e sono venuto prestissimo lo scorso giovedì.
Per questo non ci siamo incontrati".

Ada, che dal tono con cui rideva avevo supposto fosse al telefono con la mia Susanna, aveva confermato immediatamente le mie impressioni, confidando al suo portatile:
"Sì, lo sto vedendo adesso.
È qui che si saluta con Pedro..."
Avevo perciò lanciato un'abbaiata al telefono, certo che Susanna avrebbe capito che era un saluto per lei.
E infatti.
Ma Ada era scettica.
"Ma figurati se era diretto a te!
Susanna: sono cani!
Starà abbaiando per Pedro, è un pezzo che non s'incontrano".
Avevo deciso che era ora di mettersi in moto e intanto sentivo Ada commentare:
"Sì, sta partendo adesso.
Beato lui,ha una falcata che farebbe invidia a un maratoneta!".

Ah, senza dubbio quella mattina mi sentivo particolarmente in forma.
Cuore, polmoni, zampe e fiato, tutto rispondeva a meraviglia.
Ero così entusiasta e appagato dalla velocità che non avevo degnato nemmeno di uno sguardo un giovane micio bianco e nero che, incoscientemente, aveva deciso di tagliarmi la strada.
Troppo sprint io, troppo giovane lui, insomma... avevo lasciato correre, nonostante avessi giurato subito dopo a me stesso che la cosa non si sarebbe ripetuta.
Da che mondo e mondo un cane, se un gatto gli taglia la strada, deve inseguirlo.
Almeno fare finta.
Però quella distrazione mi aveva fatto perdere il controllo della palla che tenevo gelosamente fra le fauci.

 

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Immagine in figura intera di Slalom a terra (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vede il pastore tedesco disteso in un prato.Particolare del corpo.Particolare del muso.
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Quindi, mentre trotterellavo allegro, la mia preziosa sfera disubbidiente e senza governo, si era messa a rimbalzare fra le fresche e oscure frasche, sparendo nel nulla.
Non mi restava che avventurarmi nella selva oscura.
Un rumore, un fruscio, un lamento...
Avevo puntato.
I rami aggrovigliati del cespuglio si muovevano in modo strano...

Ogni tanto, in quel parco, avevo rissato con dei cani.
Cani generici, non del quartiere.
Oppure tipini nuovi che avevano bisogno di praticare un po' di understated elegance.
O, quanto meno, soggetti che dovevano imparare che non si salta fuori da un cespuglio all'improvviso sbavando, ringhiando e sputando per farsi belli agli occhi degli altri, aggredendo il primo malcapitato per lasciargli due o tre firme d'incisivo sulla schiena.

Memore di tutto ciò, mi ero avvicinato guardingo, pronto a suonarle di santa ragione.
Ma nessuno si era affacciato.
Nessuno aveva ringhiato e, tanto meno, aveva intenzione di palesarsi.
Molto incuriosito avevo incominciato a indagare di tartufo, annusando l'aria e le possibili complicazioni e contagi con agenti sospetti o estranei.
Nulla.
Finché il cespuglio non aveva emesso uno strano verso.
Ma proprio strano, strano.
Un verso che, in tutta sincerità non avevo mai, mai sentito.

Avevo deciso che avrei dovuto dare un'occhiata e avevo infilato tutto il muso tra le foglie.
Un cartoccio di carta di pane troneggiava nel bel mezzo del rovo e al centro c'era, nientedimeno che, un piccolo, piccolo cucciolo d'uomo.
Insomma, un bambino!
Un bambino abbandonato lì, avvolto nella sua copertina e la copertina avvolta nella carta del pane.

Il cuore mi era saltato in gola.
Dovevo farmi aiutare, non avevo idea di come si maneggiassero i cuccioli d'uom... cioè, i bambini.
Il piccolo mi fissava divertito e, con un gesto velocissimo, aveva stretto la sua manina attorno ad uno dei miei baffi.
Signori, che doloreeeee!
E lui non mollava, accidenti!

Una volta riuscito a disimpegnarmi avevo cominciato a correre come una saetta.
E mentre correvo pensavo:
'Devo avvisare Susanna... o forse dovrei cercare un vigile... ah, ma figurati chi mi capirebbe mai! E poi, come spiegare?'
Mentre mi arrovellavo con il fiato corto, avevo visto da lontano Ada con Pedro.
Quindi avevo lanciato un latrato al mio amico che di colpo di era fermato.
Sentivo Ada che lo rimproverava:
"Pedro, ma che ti prende?"
Poi, con estremo sollievo, avevo visto che lei era ancora al telefono.
Il tempo di un balzo ed ero ai suoi piedi.
Avevo cominciato a latrare con voce forte e allarmata, pregando che dall'altro capo ci fosse ancora Susanna.
"Ma sì, è lui.
No che non gli è successo niente Susy, ce l'ho qua davanti".
Allora avevo rincarato la dose di latrati.
Ada non capiva, ma la mia Susy sì che aveva capito!
Avevo ripreso ad ascoltare la telefonata.
"Ma come fai a dire che è allarmato...
È un cane!
Ma dai, sii ragionevole... ma no ti dico!
Non ti devi preoccupare".

Speravo che Susanna non desse retta ai consigli stupidi della sua amica.
Perché?
Perché Ada aveva torto e Susy aveva ragione!
Certo che ero agitato, avevo appena trovato un neonato abbandonato in un cespuglio!
Chi non lo sarebbe stato?
Forse il piccolo era lì da poco, ma forse aveva passato la notte all'addiaccio e rischiava una polmonite!

Avevo raccontato la cosa a Pedro mentre Ada tentava stupidamente di calmare la mia Susy.
"Esta información es real" mi aveva domandato Pedro basito.
"Certo che è reale!
Il bimbo è lassù!" avevo mugolato con voce strozzata dall'ansia.
Pedro si era grattato un orecchio commentando:
"Como lo potemos annunciare sto fattos?"
"Non lo so, Pedro, ma dobbiamo trovare il modo di farci capire".
"Claro che sì, amigo.
Claro che sì!" conveniva lui, ma si vedeva che non covava molte speranze.
Io invece ne avevo, perché conoscevo Susanna.

Lo avevo notato da quando mi aveva accolto in casa.
Susanna era non vedente e tante volte mi aveva dimostrato di aver reagito a questo suo stato sviluppando dei sensi compensatori alternativi.
Non dico che sapesse leggermi nel pensiero, ma quasi.

 

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Immagine di Slalom con una palla in bocca (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Il lupo, con un pallone da rugby semi sgonfio in bocca, in atto di camminare. Sullo sfondo un cespuglio.Particolare del treno posteriore.Particolare del treno anteriore.
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Non dico che da un alito potesse capire le intenzioni di chi le era di fronte, ma quasi.
Non dico che potesse percepire perfettamente chi le si muovesse di fronte, ma in qualche modo accadeva.
Non dico che conoscesse il modo di comunicare di un cane, però... qualche volta mi leggeva proprio nel pensiero!

Quel giorno Susanna era tornata a impugnare la sua asticella direzionale riducibile in lega, quella che aveva abbandonato il giorno in cui io ero entrato nella sua casa.
E, dopo aver rivoluzionato gli armadi e il mobile dell'ingresso per cercarla, si era precipitata al parco senza ulteriori indugi.

Naturalmente, per far questo, aveva dovuto attraversare la strada con semafori totalmente privi di segnali acustici.
Aveva incontrato macchine parcheggiate al posto degli scivoli per le carrozzelle e sotto la segnaletica per non vendenti, quella, per intenderci, situata in orizzontale.
Aveva dovuto farsi forza davanti a semafori la cui durata era sempre troppo breve e con la paura di tutte quelle auto scalpitanti pronte a partire senza alcuna pietà per coloro che stavano finendo faticosamente di attraversare.

Ma, nonostante tutto, Susanna, la mia Susanna, era arrivata!
Ada era basita e l'aveva accolta con gran meraviglia.
"Guarda che sei cocciuta!
Se avessi avuto un po' di pazienza, Slalom te l'avrei riportato a casa io!"

Ma Susanna, placida, le aveva risposto:
"In questo parco c'è qualcosa che agita il mio cane e io voglio sapere cos'è, sono sicura di quello che dico!"
Quindi mi aveva fatto qualche carezza sul testone e mi aveva detto:
"Vai, Slalom!"

Non me l'ero fatto ripetere due volte e, andando su e giù ripetutamente per mostrare la strada, avevo condotto Susanna, Pedro e Ada al cespuglio dove giaceva il neonato.

Susanna e Ada avevano avvisato immediatamente le autorità competenti.
Erano arrivate auto civetta, un'autoambulanza, vigili e curiosi.
Io e la mia padrona eravamo molto fotografati, anzi, lei aveva rilasciato perfino qualche intervista.

Il piccolo bimbo era salvo.

La giusta chiusa di questa storia l'aveva fatta, però, una giornalista mentre registrava la notizia per una tv locale.

Diceva così:

"Tante persone, da questa mattina, sono passate davanti al cespuglio dov'era stato abbandonato un neonato, senza accorgersi di nulla.
C'è da chiedersi se la velocità con cui viviamo non ci stia trasformando in esseri ottusi, indifferenti e per questo troppo disumani.
Per fortuna al nostro fianco esistono anche persone che hanno saputo trasformare un loro disagio in qualcosa di utile alla società e sembrano quelle maggiormente in grado di ascoltare gli altri, come Susanna con il suo simpatico cane".

Beh, a me era parso un ottimo finale!

Naturalmente, il piccolo - anzi, la piccola, perché era una femmina - è stata curata e adottata.
Ogni tanto la vediamo passeggiare con la sua nuova famiglia.
Ah, dimenticavo...
essendo una femmina, of course, è stata chiamata... Susanna!

 

 

 

 

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