La bella Gigogin



[Racconto di Paola Manoni]

 



A Monza, il 10 marzo 1848, presso il Collegio di Nostra Signora del Buon Consiglio.
Erano le 12 e già suonava la campanella che annunciava il termine delle lezioni del mattino.
Le ragazze uscivano dalle aule per ritrovarsi, in ordinata fila, lungo il corridoio.
Vociare sommesso e risolini tra le collegiali, in un gioco di sguardi d'intesa o di sfida e non di rado d'invidia, nelle schermaglie meschine tra adolescenti, in attesa del doppio battito di mani di suor Madeleine che ordinava di scendere le scale per raggiungere il refettorio.
Teresina, bella fanciulla di sedici anni, si trovava invece in fondo al corridoio, in ginocchio sui ceci, a lato della rampa di scale, così che fosse visibile a tutta la comunità la punizione impartita.
Quindici lunghi minuti durante i quali la sofferenza della postura obbligata e dei
legumi secchi conficcati nelle rotule non era minore al supplizio provocato dal dileggio delle compagne.
Seguiva poi il digiuno - niente pranzo - con il quale si completava il castigo del giorno.
Teresina era forte, più forte di quanto le suore non sospettassero.
E, quale che fosse la circostanza, manteneva sempre un atteggiamento fiero e pieno di dignità.
Ma anche di rabbia... ripetendo tra sé e sé, al passaggio di ciascuna delle ragazze, malevoli nei suoi confronti: "Ricambio e di slancio rilancio" (ma in dialetto piemontese, con un gioco di altra rima) - come una sorta di mantra per allontanare da sé il disprezzo e il motteggio delle altre.
E soprattutto: restituire al mittente ogni malefica intenzione.
Teresina era l'unica orfana del Collegio.
Le suore francescane missionarie con cui era cresciuta in provincia di Cuneo avevano creduto in lei e nelle sue capacità intellettuali non comuni.
Con i risparmi delle consorelle e con raccolte di offerte l'avevano iscritta a questo collegio per signorine di buona famiglia, di proprietà di un ordine religioso molto più agiato del loro che invece viveva in povertà.
Per il caso particolare di Teresina e per puro garbo nei confronti delle francescane, era stato lievemente ridotto l'importo della retta.
Ma poiché tutto si paga, a prezzo pieno veniva fatta scontare a Teresina la sua diversità.
Quell'Istituto non era un posto per figlie di nessuno!
Inoltre sacrifici economici delle francescane pesavano sul cuore della ragazza come un macigno.
Teresina si sentiva fuori posto e, soprattutto, era sempre gravata da un forte senso di colpa.
La ragazza era effettivamente molto intelligente e brillante nel far di conto, in grammatica, in musica ed in componimento letterario.
Però, mal sopportava le lezioni di calligrafia: in tutta la sua carriera scolastica non era mai riuscita a mantenere l'ordine delle righe e del tratto così come ogni altra forma di attività ripetitiva e monotona - nei lavori d'ago, ad esempio.
Questo era rimarcato a dismisura e sembrava paradossalmente annullare l'alto profitto nelle altre discipline.
Suor Matilde, insegnante di 'doveri domestici' la costringeva ad indossare le orecchie d'asino, durante le ore di ricamo, con grande divertimento da parte delle compagne di classe... invidiose dei suoi successi.
Teresina in quel collegio era veramente isolata.
L'unico suo grande amico era Spinz - cagnolino di taglia media, color biondo champagne, trovatello come lei, adottato dal custode del Collegio, un robusto signore di nome Oreste.
Costui era un uomo burbero ma buono, rimasto vedovo da giovane.
Teresina, contrariamente alle altre ragazze, era la sola a parlare con lui e lo teneva in considerazione poiché aveva, come lei, uno spiccato spirito patriottico e seguiva la causa risorgimentale.
Fu proprio Oreste a passare a Teresina - di nascosto - notizie sugli eventi risorgimentali in quel 1848 rivoluzionario.
Grazie a questo contatto, la ragazza aveva costruito nella fantasia un intero mondo dove fantasticava in castelli in aria di battaglie e azioni coraggiose da compiere con i patrioti italiani, contro gli austriaci invasori.
Suor Madeleine, la terribile crucca , le aveva scoperto un volantino rivoluzionario, rivolto al popolo milanese (passatole di nascosto da Oreste) e poiché non aveva confessato come lo avesse ricevuto, doveva scontare una settimana di punizioni durissime.

 

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Immagine di un barricata (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vede una scena di strada, disordinata per via della presenza di carri divelti ed altri oggetti accatastati tra nuvole di polvere per formare una barricata su cui sventolano due bandiere tricolori. Una di queste è tenuta da un personaggio, in mezzo busto e con un cappello a cilindro.Particolare dell'omino con il cappello a cilindro.Particolare dei carretti rovesciati.
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Il digiuno e la reiterata sosta sui ceci.
Teresina, con le ginocchia tumefatte e zoppicando faceva ritorno nella camerata, presso il suo letto, giurando vendetta.
Era trascorso oltre un anno da che era lì e non riusciva più a tollerare l'ambiente ostile della scuola, delle altre compagne.
Non sopportava l'isolamento e soprattutto il divario devastante fra lei ed il resto di quella compagine femminile tanto superficiale e così lontana dal suo universo mentale.
La sua compagna di banco, meno efferata delle altre ragazze, il giorno prima le aveva pietosamente portato del pane rinsecchito (prelevato di nascosto dalle cucine, dietro il refettorio) e dell'olio, imbevuto in un panno di lino - questo per lenire il dolore delle tumefazioni alle gambe.
Ma Teresina aveva così fame che tamponava il pane con il panno, nel tentativo di trasferire qualche goccia d'olio per ammorbidire il pane e dare un gusto di companatico .
Quel giorno, dopo la punizione era scesa in giardino per fare quattro passi sperando di trovare Spinz, nella mezz'ora di libertà concessa, tra la pausa del pranzo ed il doposcuola dei compiti pomeridiani.
Aveva indossato il cappottino d'orbace nero, liso nel giro delle maniche e troppo stretto di spalle (c'era cresciuta dentro ed ora era divenuto di taglia troppo piccola), noncurante delle altre che tornavan soddisfatte dal desco .
Fuori era ancora freddo, l'aria era umida ed il vapore acqueo del respiro si accompagnava al passo.

 

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Immagine di tre donne combattenti in figura intera (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Sono vestite con ampie gonne e impugnano un fucile. Da sinistra a destra: la prima, con un vezzoso cappellino, è vista di spalle; la figura al centro e invece di profilo mentre sulla destra la figura è frontale. Tutte e tre indossano a tracolla il nastro del tricolore italiano.Particolare della figura di destra.
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Spinz era acciambellato come un gatto, addormentato nella piccola aiola, proprio davanti l'uscio della casa del custode.
Teresina si avvicinò con passo felpato, senza fare alcun rumore.
Non voleva svegliare il cagnolino ma solo guardarlo dormire beato.
Facendosi così appresso alla casa fu in grado di sentire un discorso fra Oreste e qualcun altro.
"Sì, te lo ripeto: i fratelli milanesi si organizzano per insorgere il 18 del mese corrente". - diceva la voce dell'estraneo - "ora se tu potessi portare col carro 'il materiale' che hai preso in custodia fino in città, prima di questa data...".
"E' possibile!" - replicava Oreste - "E' possibile perché suor Maria Agnese mi ha chiesto di accompagnarla a Milano: deve fare visita ad una sua parente malata".
"E quando scendete?" - replicava lo sconosciuto
"Domani, proprio domani di buon mattino, vedi che fuori sto preparando il barroccio: ne approfitto per fare altre commissioni per le suore" - aggiungeva Oreste tra un colpo di tosse ed un altro.
Teresina ascoltava.
Dapprima indifferente ma poi... un'idea fulminea le attraversò la mente.
Il ciliegio era in fiore e tracce di neve ancora qua e là tra le lingue di terra.
Teresina già guardava questi particolari come se fosse la sua ultima visione perché tutto le faceva presagire che quella, era la sua grande occasione per guadagnare la libertà: fuggire!
Inoltre, dalla conversazione origliata si capiva chiaramente che vi era aria di cospirazione.
Teresina avrebbe avuto la possibilità di raggiungere i patrioti e compiere qualche gesto eroico, a compensazione di tanto patire in quel collegio!
E mentre si ritraeva, lasciando Spinz nel suo sonno tranquillo, già protesa all'organizzazione della fuga, tratteneva il respiro al colmo dell'emozione.
Aveva dimenticato il digiuno, il dolore alle gambe, il peso dell'umiliazione.
Era una specie di bomba innescata, pronta ad esplodere di vita.
Trascorse il pomeriggio in uno stato di calma solo apparente, nell'aula del doposcuola, prima mandando a memoria in tempi record il quinto canto dell'Inferno (aveva una capacità mnemonica oltre misura) e poi rammendando lenzuola strappate del Collegio (mentre le altre allieve avevan il più nobile compito di ricamare le proprie iniziali su fazzolettini profumati - che Teresina certamente non possedeva).
In altre circostanze la ragazza non avrebbe risparmiato le altre compagne dell'esibizione della sua superiore capacità di apprendimento.
Avrebbe declamato a voce alta l'intero canto appena memorizzato durante il cucito, forte di sapere che tutte le altre ancora stentavano.
Era il suo riscatto, la dimostrazione della sua assoluta egemonia intellettuale rispetto alla mediocrità comune.
Tuttavia stavolta rimase assorta nei suoi pensieri.
Preparava il piano di fuga e ripeteva fra sé e sé in modo compulsivo quanto aveva sentito.
"Domani, proprio di buon mattino".
Questo comportava che avrebbe potuto nascondersi nel carro prima dell'alba.
E sempre che il buon Oreste preparasse il carico in serata, senza rischiare un'ispezione ulteriore, subito prima di partire, con l'inevitabile scoperta della clandestina.
Inoltre, se la partenza fosse andata a buon fine, come fare per scendere, una volta a destinazione, senza essere scoperta?
Avrebbe dovuto creare un diversivo, un qualcosa per la quale balzare via dal carro e allontanarsi senza essere vista da alcuno.
Perché ci sarebbero stati Oreste 'a cassetta' e la suor Maria Agnese come passeggero trasportato.
Avrebbe potuto imbizzarrire i cavalli ma come, stando dentro il carro, in posizione di retroguardia rispetto al senso di marcia?
Pensò allora che avrebbe potuto tentare, con un poco di fortuna, in un altro modo.
Avrebbe aggiunto alla fiaschetta di vino, che Oreste sempre sorseggiava durante il giorno, qualche sostanza, diciamo, 'vincolante'.
In altre parole: un lassativo che agisse in modo rapido, costringendolo ad una sosta forzata.
E così fece.
Dopo i compiti del pomeriggio, prima del rosario, al vespro, si organizzò per bene.
Si recò prima presso la medicheria, lamentando un disturbo intestinale.
La suora incaricata dell'infermeria le diede una dose di olio di ricino da prendere dopo cena (pane e acqua - quale pasto serale ammesso nella punizione).
Poi, andò a bussare alla porta di Oreste.
"Chi è?!?" - rispose Oreste, burbero come al solito.
"Teresina!" - rispose la ragazza.
La porta si aperse dopo un giro di chiavistello e comparve il robusto custode.
La ragazza non gli diede nemmeno il tempo di chiedere il motivo della visita.
"Spiz sembra impazzito, corre come fosse stato morso dalla tarantola, esca subito!".
Oreste amava il suo cane in modo assoluto e, non si fece ripeter due volte quanto annunciato che uscì di slancio, lasciando la porta aperta.
Teresina entrò, sapendo dove cercare.
Accanto alla bisaccia, proprio all'ingresso, vicino agli stivali, vi era la fiaschetta di vino.
Qui versò l'ampollina colma d'olio purgante, rimise tutto a posto e uscì correndo verso Oreste e il cane il quale era stato appena fermato - o meglio - placcato dal custode.
"Non capisco cosa gli sia preso per correre così! - disse Oreste.
"Avrà visto qualche altro animale?" - disse con tono candido Teresina.
Invero fu Teresina ad aver provocato la corsa del cagnolino.
La ragazza gli aveva strofinato del peperoncino (rubato nell'orto) sul fondo schiena, sotto la pelliccia… provocando bruciore e dunque il moto inconsulto del povero Spinz.

Si sentiva parecchio in colpa per aver provocato questo disagio (anche se assolutamente innocuo) al suo unico vero amico ma, si trattava di una causa superiore e per fortuna l'irritazione non durò più di una ventina di minuti.

 

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Immagine di medaglie (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vedono delle medaglie d'oro in fila, montate su nastri colorati. Le medaglie sono commemorative delle città italiane benemerite: Roma, Milano, Como, Brescia, Palermo, Torino, Perugia, Messina, Catania.Particolare delle medaglie per Roma e Milano.Particolare delle medaglie per Roma e Milano.
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Al vespro, con estrema puntualità, raggiunse le altre in cappella per la recita del rosario.
E mentre scorrevano le litanie, rimuginava quale messaggio lasciare sul letto.
Optò per un proverbio milanese, eloquente:

El Signor el ghe dà ad ògni usell el sò vermisoeu, ma ghe la mett nò d'enter in del nìd.
Che si traduce:
Dio dà ad ogni uccello il suo verme, ma non glielo fà cadere nel nido.

Per intendere che la sua strada era voluta da Dio anche se doveva evidentemente essere guadagnata.
Mangiata la sua cena poverissima, andò dritta in camerata, nascondendo sotto le vesti il mozzicone di una candela e dei fiammiferi, rubati in chiesa durante il rosario.
Si infilò nel letto completamente vestita.
Prese sonno a fatica, svegliandosi ad ogni tocco di mezz'ora del campanile.
Poi alle 4.30 si alzò.
Accese la candela e si diresse allo spogliatoio comune.
Qui lasciò il suo cappotto liso e la gonna rammendata per delle vesti molto più calde e nuove.
Prese la gonna, il giaccone e gli stivaletti di proprietà della ragazza più ricca del collegio.
A lei e alla sua famiglia non avrebbe arrecato alcun problema con quel piccolo furto.
Ma costei era molto più grassa sicché Teresina risultava veramente sparuta con quegli ampi abiti.
Senza fare il minimo rumore, lasciò il dormitorio e scese.
Si chiuse il portone alle spalle per dirigersi verso il carro già pronto sul viale.
Accese nuovamente la candela per sistemarsi appositamente tra le cose stipate nel carro.
Qui, sotto sacchi di juta scovò delle armi.
Era dunque 'il materiale' di cui aveva sentito dire!
Oreste era un valoroso anti-austriaco!
Si commosse all'idea.
Poi si distese accanto ai fucili e si coperse completamente con la tela di sacco.
Ai primi chiarori arrivarono suor Maria Agnese ed il custode, con la bisaccia e la fiaschetta a tracolla.
Oreste aiutò la suora a salire sul carro.
Poi si sistemò sul suo sedile e, ancor prima di muovere i cavalli, diede un'ampia sorsata alla fiaschetta.
Teresina lo conosceva bene!
Dovette fare ancora un paio di tracannatine, prima della sosta 'fisiologica' proprio alle porte di Milano!
L'anziana suor Maria Agnese si era placidamente addormentata durante il viaggio.
Oreste arrestò i cavalli e scese.
Teresina attese di sentire i passi del custode allontanarsi, prima di uscire dal carro.
Saltare giù e correr via: fu veramente un unico moto fulmineo.
Si accucciò dentro un cespuglio e attese il ritorno di Oreste, così da vedere bene la direzione che avrebbe preso il carro verso la città.
Quando il calesse si fu ben allontanato, la ragazza sbucò fuori dal cespuglio.
Teresina, con il cuore in gola e lo stomaco vuoto, marciava felice sul sentiero verso Milano.
Il carro era ormai sparito sotto la linea dell'orizzonte, sommerso come il pensiero del collegio.
"Il presente è il tempo passato del futuro" - disse Teresina a sé stessa - "devo sbrigarmi, raggiungere i patrioti, unirmi a loro per la giusta causa".

Se siamo tutti esuli dal nostro passato Teresina, senza saperlo, lo era due volte di più e stava dando prova di gran prodezza, come donna temeraria, per la sua epoca e per quelle a venire.

 

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Immagine del nastro delle città benemerite.(Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vede un nastro blu bordato con il tricolore.Particolare del fondo blu e bordo tricolore.Particolare del tricolore.
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Epilogo

Esiste un famoso canto popolare risorgimentale, noto a tutti come 'La bella Gigogin'.
Gigogin, in dialetto piemontese, traduce il nome di 'Teresina'.
La tradizione musicale lo tramanda in forma di polka musicata dal maestro Paolo Giorza nel 1858.
La polka venne suonata per la prima volta il 31 dicembre 1858 al teatro Carcano di Milano, cioè alla vigilia della Seconda Guerra d'Indipendenza, e riscosse una tale successo presso gli spettatori che la banda civica dovette ripeterla per otto volte di seguito.
Gli spettatori continuarono a cantarla in città durante la notte e sotto le finestre del viceré austriaco, a segno di sfida.
Il canto contiene infatti diverse allegorie e significati simbolici.
Questo il testo:

Rataplan! Tamburo io sento
che mi chiama alla bandiera.
Oh che gioia, oh che contento,
io vado a guerreggiar!

Rataplan! Non ho paura
delle bombe e dei cannoni,
io vado alla ventura,
sarà poi quel che sarà.

E la bela Gigogin
col tromilerilerela,
la va a spass col sò spincin, tromilerilerà.

D quindici anni facevo all'amore.
Daghela avanti un passo, delizia del mio core!
A sedici anni ho preso marito.
Daghela avanti un passo, delizia del mio core!
A diciasette mi sono spartita.
Daghela avanti un passo, delizia del mio core!

La ven, la ven, la ven alla finiestra.
l'è tutta, l'è tutta, l'è tutta insipriada.
la dis, la dis, la dis che l'è malada
per non, per non, per non mangiar polenta,
Bisogna, bisogna, bisogna avè pazienza,
lassala, lassala, lassala maridà.

Le baciai, le baciai il bel visetto.
La mi disse, la mi disse: -Oh che diletto,
Là più in basso, là più in basso in quel boschetto,
andrem, andrem a riposar.
Ta-ra-ra-tà-tà
.

Si narra di una bella malata che si deve maritare: qui si allude all'Italia, sofferente per via dell'invasore la cui guarigione dipende dall'alleanza (le nozze) tra Vittorio Emanuele e Napoleone III la quale consentirà di marciare contro gli austriaci (daghela avanti un passo).
Poi si dice ancora che: 'bisogna aver pazienza per non mangiar polenta' ovvero occorre saper attendere: il trionfo dell'Italia unita, nel rifiuto degli austriaci, simboleggiati dal colore giallo (la bandiera d'Austria) di cui alla polenta da non mangiare...

L'editore musicale Ricordi tentò la pubblicazione del canto ma la censura austriaca arrivò inesorabile con il sequestro di tutte le copie.
Ma il divieto agì, come sempre accade, come grande cassa di risonanza: l'inno risorgimentale si diffuse largamente tant'è che il 'daghela avanti un passo' venne invocato come grido di molte battaglie: da Magenta ai moti garibaldini del 1859 ed oltre, stante la simbologia della bella Gigogin con l'Italia.

La leggenda collegata al canto trae le sue origini nel 1848 durante le Cinque giornate di Milano.
Era il 22 marzo 1848 quando da sotto le barricate di Porta Tosa uscì una ragazzina bellissima, di circa sedici anni, vestita con un ampio giaccone, una gonna e degli stivaletti.
Rispondeva al nome di Teresina e, poiché era di origine piemontese, lo pronunciava in dialetto (dunque Gigogin!).
Era fuggita da un collegio per salire sulle barricate, arruolata tra i volontari lombardi.
In ambito insurrezionale Gigogin fece carriera, fino ad avere incarichi ufficiali quali vivandiera e messaggera di dispacci urgenti (come tra Manara e La Marmora).
Si narra inoltre dell'intenso innamoramento tra Gigogin e Mameli. Sembra inoltre che la ragazza evitò al Mameli l'arresto tra le vie di Milano.
Accadde durante un pedinamento della polizia austriaca.
Il patriota era con Gigogin, quasi braccato dagli inseguitori.
Riuscì a fuggire grazie a Teresina che impedì il passaggio ai poliziotti improvvisando una scena di urla isteriche in mezzo alla strada: improperi contro l'imperatore.
I poliziotti, obbligati a garantire l'ordine pubblico, dovettero fermarsi con la Gigogin la quale venne portata presso la gendarmeria e da qui riconsegnata al suo collegio di origine.
Ma trascorso poco tempo lei scappò nuovamente dal collegio per recarsi a Roma, durante le battaglie per la Repubblica, dando man forte, assieme agli altri milanesi accorsi, alla resistenza garibaldina.
Le tracce della ragazza si perdon proprio qui.
E il mistero circa il suo vero nome e la sua esistenza - effettiva o solo simbolica - si disperde tra gli inni musicali, le arcane allegorie risorgimentali e il richiamo ad una effettiva compagine di donne combattenti che per l'unità d'Italia hanno dato la vita e determinato la storia.

 

 

 

 

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