Storia di una strega
- Parla il gatto -
[Racconto di Paola Manoni]
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ono acciambellato ai piedi del suo letto. Decisamente arruffato perché non mi spazzolo da non so più quanti giorni.
Sono stremato, avvilito, affranto, affamato. Ma, soprattutto, sono disperato.
L'ho persa e non posso crederci. L'ho cercata ovunque.
Ogni vicolo, incrocio, sentiero del bosco e via ciottolosa.
Mi sforzo fino all'estremo di ricordare l'ultima scena, quando l'han portata via, e più ci penso e più mi pare un'allucinazione.
Forse sono vittima di un maleficio, un incantesimo mal riuscito. Oppure, vivo solo un incubo?
Ma che io sia diventato pelle e ossa è una realtà e quel che è peggio, che io sia rimasto solo è... drammaticamente vero!
Sono solo, solo e lei... lei mi manca da morire.
Fisso nella mente il timbro della sua voce, le mani che mi carezzano soavemente, il calore del suo corpo accanto al mio.
Per l'ennesima volta, rivivo gli ultimi momenti, in cerca di qualche indizio, qualche dettaglio che possa darmi qualche speranza.
Ripasso ancora il ricordo di quel tragico pomeriggio. Ho il terrore di perderla e accetto tutto, tranne che pensarla morta.
Bussano. Quattro colpi secchi e potenti che per poco non scardinano la porta.
Irina, immersa nella lettura di un libro, solleva di scatto la testa.
Io automaticamente inarco la schiena e faccio un salto convulsivo
Di convulsione, causato da brusca contrazione muscolare..
convulsivo. Quando atterro sono con il pelo irto e gonfio di paura.
"Aprite, aprite!" - urlano dall'altra parte dell'uscio.
Si sente un sinistro rumore di catene.
Irina va ad aprire. E' pallida e trema. La vedo stringere nella mano sinistra un rametto di corallo e con la destra si sfrega il ciondolo, un sasso di turchese che porta al collo.
Poi con un gesto brusco si strappa la catenina di dosso e ingoia la pietra.
Una riga di sangue stilla attorno al collo e si allarga in una macchia sul colletto del vestito.
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Tre omaccioni volgari e un viscido chierico, esile ed emaciato, irrompono nella nostra casa.
Uno dei tre trucidi ulula:
"Ecco er primo segno de' stregoneria: sta' palla de' purci"... e prova ad assestarmi un calcio. Ma io lo schivo e scappo sotto al letto.
"Fanciulla" - si rivolge ad Irina il religioso con una vocina acuta e sadica - "corrono cattive voci nella Curia sul tuo conto!"
Irina è immobile, ferma al centro della stanza. Il prelato continua:
"Il padre curato della tua parrocchia riferisce di non averti mai somministrato il Sacramento né di aver avuto da parte tua alcuna confessione. Cosa hai da dire in tua discolpa?".
"Veramente io..." - inizia a parlare Irina con una voce metallica, vibrante di tensione - "io abito qui da molto poco...".
Il prete va su tutte le furie.
"Piccola insolente! Come osi addurre simil scuse?!" - poi rivolgendosi ai suoi scagnozzi - "perlustrate questa topaia, trovate qualunque indizio possa condurci alla certezza che questa" - e qui fa una lunga pausa, tirando un sospiro - "che questa donna sia una sudicia ancella di Satana".
Povera Irina, non l'ha fatta nemmeno parlare e già l'accusa.
Il prete parla con ribrezzo ma sono io a provarlo per lui. Non mi sento offeso per la "palla di pulci" ma per come stanno offendendo Irina.
Mi è chiaro adesso perché ha ingoiato il ciondolo. Per quella gente doveva essere un segno di appartenenza a questo Satana? Io poi costui non l'ho mai sentito nominare... chissà chi è!!!
Poco dopo, i tre bifolchi scatenano l'inferno in casa nostra.
La casa è praticamente una stanza, se si escludono l'angolo del camino e la legnaia.
Gli omaccioni rovistano e distruggono tutto, frugano e annusano.
Io sono terrorizzato, tremo e soffio sotto il letto.
Poi trionfalmente i cacciatori consegnano alcune prede nelle mani del prete e sento che questi dice:
"Uhhh! Ahh! Interessanti oggetti, molto interessanti!" - vorrei uscire dal mio nascondiglio per capire meglio ma poi il prelato aggiunge - "Sono state rinvenute tre conchiglie, un sacchetto di artigli di rapace, uno specchio con delle impronte e, tu: Donna! Sai molto bene che questi, assieme ai tuoi occhi chiari, son tutti segni di STREGONERIA!!!".
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A queste parole i tre uomini sputano addosso ad Irina che sento dimenarsi e singhiozzare.
"No! Lasciatemi!" - urla disperata.
C'è un tramestio folle di catene e di risa maschili sguaiate, grasse, ignoranti.
"Ora" - dice il sadico - "ti porteremo dall'inquisitore".
Esco dal letto e vedo che la trascinano via, tirandola per i capelli.
Poi sento che lei mi urla:
"Ziggy!" - è il mio nome - "Ziggy! Ascaloniti motto peste"...
Dopo ho come nebbia.
Sono giorni che nella mia testa le parole volteggiano e mi ubriacano.
Le conchiglie e lo specchio con le impronte... e beh?
Che segni sarebbero?
Stregoneria: che vuol dire?
Sacchetto di artigli? Solo questo mi dice qualcosa.
Facemmo una volta una passeggiata e trovammo tre galline nere scuoiate.
Irina ne raccolse le unghie. Non mi risulta però che le galline siano rapaci.
Poi gli occhi chiari. Pure io ce li ho e, cosa vuol dire per questa gente?
Mi sforzo di capire e ciò mi produce una stanchezza indicibile.
So soltanto che l'hanno portata via... sarà sola, sola e sofferente come me?
Poi l'enigma delle sue ultime parole "Ascaloniti motto peste"... almeno, le ultime che io ricordi... che dire?
Miagolo per la sofferenza. Mi giro in casa e l'odore di Irina mi trafigge fino al cuore. La mia anima duole.
Torno sul letto, ancora disfatto o meglio, divelto dalle manacce di quegl'uomini che in più punti hanno squarciato il pagliericcio.
La stanza è molto impolverata, diverse le ragnatele agli angoli del soffitto.
L'aria è pesante anche perché nessuno ha più aperto le finestre. Solo la porta è aperta. Da che l'han portata via nessuno l'ha richiusa.
Mi lecco con lentezza. Tutto mi produce stanchezza e svogliatamente mi addormento.
Sogno un prato verde verde, pieno di margherite con un pergolato su cui arrampica un glicine profumatissimo e traboccante di fiori.
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Mi faccio le unghie, felice, sul tronco della pianta.
Poi corro di scatto, e mi rotolo nell'erba fresca sotto il sole.
Mentre mi struscio la schiena a terra, mi arriva come un'eco lontana la voce lontanissima di una donna.
"Ascaloniti motto peste!".
Mi rivolto di scatto e mi metto in piedi. Sono tutto proteso in avanti, le vibrisse tese come corde di violino, schiacciate sul muso.
Ancora si ripete:
"Ascaloniti motto peste" - il cuore mi parte all'impazzata perché riconosco la voce di Irina - "è l'anagramma di 'ti aspetto sotto il noce'. Ziggyyyy!!!!".
La voce è ora svanita e io corro, seduta stante, mi catalpulto in direzione dell'unico noce che conosco, fuori la città, dove andavo a passeggiare con Irina e le altre sue amiche.
L'albero mi sembra ancor più maestoso nel suo mantello di foglie e anche più fresco.
Un raggio di luce filtra tra i rami e si fa sempre più intenso, fino a prendere le sembianze di Irina che, bellissima e vestita di un abito bianco a molti veli, si avvicina a me sorridente.
All'orizzonte vedo le case delle città e il fumo altissimo di un fuoco. La colonna di fumo svetta nel cielo e lentamente si disperde tra le nuvole.
"Ziggy!" - dice con voce dolcissima.
Mi prende in braccio e affonda il volto dentro la mia pelliccia.
Finalmente insieme!
Finalmente dormo felice. Dormo, dormo e non mi risveglio più
Il mio cuore ha deposto il suo fardello.
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