Nemo e i lupi delle colline
[Racconto di Giovanna Gra]
|
"Eppure a me non sembra affatto un anello fatato!".
"Accidenti Nemo, piccola cara, cosa vuoi saperne tu di questo genere di cose!" conclude l'uomo farfalla deciso.
Si alza di scatto e comincia a sgranchirsi le gambe saltellando qua e là per la radura.
"Magari ne sa più di noi tutti messi insieme!" aggiunge sogghignando Frank, il Coccino:
"In fondo, noi si è sempre stati qui, in codesta radura al centro del bosco. Lei invece è arrivata con un uovo: più figo, più moderno, più easy!".
"Certo che ne so più di tutti voi messi insieme!" risponde Nemo.
"Sono storie, storie inventate per impressionare! Figuriamoci se quest'anello che ho trovato mi permetterebbe mai di parlare con gli animali! Che assurdità, ragazzi!" conclude la ragazza sicura.
"Perché non lo infili allora, magari non succede niente e avrai ragione tu. Tutto il bosco ti darà ragione se avrai ragione, non c'è ragione di dubitarne!" sentenzia il Bacca dal suo bozzolo.
"Complimenti per il tuo stupido scioglilingua, Bacca. Sappi però che c'è più di una ragione per dubitarne!" commenta sarcastico Coccino.
"Secondo me quella ha paura!" insinua il baco.
"Ha parlato la bacca del coraggio!" lo rintuzza Frank Coccino.
"Ehi, ragazzi, è un anello mica il lupo nero!" aggiunge Nemo.
"Pa-u-ra! Ta-na-na-na!" la sfotte il Bacca.
"Sta bene. Infilerò quest'anello e se ha veramente il potere di farmi parlare con gli animali e di vivere come una di loro, lo sapremo presto. Ecco, ora lo infilo... tanto, se è magico, non mi farà aspettare gio....giorni...ronf...ronf...zzzzzzz!..."
"Nemo?" la chiamano gli amici.
"Nemo? Nemo!".
"Si è addormentata..." osserva stupito l'uomo farfalla.
"Ma come? Così?" chiede il Bacca stupito.
"Embè? Lasciala dormire!" sentenzia Coccino, seccato.
"Non ti pare un sonno strano?" domanda il vecchio uomo farfalla grattugiandosi la nuca.
"Siiiii! Sembra un sonno atavico e profondo, lontano mille anni?".
"Seh! Lalléro! Bacca, taci una volta per tutte!" lo zittisce Frank..
"Eppure io dico che sogna l'avventura! Non puoi sapere se infilando quell'anello stia varcando la soglia dell'incredibile!".
Nemo, intanto, sogna...sogna...sogna....
Era il tramonto e finalmente Nemo li vide.
Trottavano lungo la cresta della collina in fila indiana.
I mantelli argentei brillavano al riverbero del naufragio del sole.
I loro corpi erano asciutti e i loro movimenti pieni di grazia e di armonia.
Si muovevano all'unisono, come se un antico pensiero d'oro li unisse impercettibilmente.
Qualcuno di loro, con le fauci spalancate, faceva scintillare le zanne.
Altri tenevano alta la coda come un affronto.
Altri ancora puntavano i loro nasi umidi verso il cielo come a separare le nuvole.
I musi tesi verso l'alto fendevano l'aria, affilandosi nel vento.
I più magri e gli ultimi brucavano i refoli continuamente ma senza mai perdere il passo.
Bastava un ciottolo, un ramo troppo chino, un verso del bosco lontano lontano, un uccello in volo lì vicino per metterli sull'avviso, in allarme, per gonfiare il pelo..
Da dove venivano e dove stavano andando?.
E da quanto durava quella marcia armoniosa?.
L'uomo Farfalla, una volta, le aveva narrato di branchi capaci di percorrere distanze mai viste.
Ma lei, come avrebbe potuto raggiungerli?.
Sembravano creature ultraterrene, capaci di spiccare il volo all'improvviso.
E forse un giorno l'avrebbero fatto, pensò Nemo fra sé e sé, mentre li osservava.
Camminava un po' preoccupata seguendo le orme di quei lupi splendenti: era la sua prima missione con l'anello e già sentiva odore di fallimento.
Non aveva un'idea, ne la forza fisica sufficiente per tenere il passo di quelle meravigliose creature.
Poi, improvvisamente, oltrepassata una rupe, vide la fine della montagna che cadeva a strapiombo nel vuoto.
Guardò d'istinto verso il basso e si accorse di essere salita fino in cima senza difficoltà.
E poi, stupore degli stupori, aveva raggiunto la meta!.
E lì, di fronte a lei, i lupi sedevano in circolo a due passi dal vuoto assoluto.
Le loro sagome smilze si stagliavano nel tramonto.
Oh, mio Dio, com'erano belli e fieri!.
Nemo fissò l'anello incerta: avrebbe fatto il suo dovere?.
|
|
       |
|
|
L'avrebbe protetta? L'avrebbe fatta apparire ai loro occhi come una lupa a tutti gli effetti?.
Poteva fidarsi?.
In fondo aveva solo la parola di tre piccoli animaletti incontrati nel bosco...
E se si fosse trattato di una stupida superstizione?.
E se i poteri di quell'anello fossero stati solo leggenda?.
Una semplice storia fra le storie, come tante nel mondo degli animali, in bilico fra magia e fantasia?.
Del resto, pensò la bambina fra sé e sé, non aveva altra via per scoprire le sue origini, ergo doveva fidarsi di quel prezioso anello e di Frank Coccino, del Bacca e dell'uomo farfalla.
Improvvisamente, qualcosa alle sue spalle la fece sussultare.
"Ciao!" le disse un lupetto arruffato che non doveva avere più di cinque mesi:
"Chi sei?"
Ma Nemo non ebbe il tempo di rispondere, perché un giovanissimo ed aitante lupo apparve alle spalle del cucciolo.
"Accidenti Tau, non possiamo perderti di vista un istante che...Per mille volpi senza coda, ciao!" esclamò il giovane lupo stupito alla vista della bambina.
"Ciao" fece eco Nemo, incerta.
"Sei dei nostri?" chiese lui con aria affabile.
"...Perché se è così non ti avevo notata prima d'ora e...ed è strano che non ti abbia notata, sai?" concluse il giovane lupo con aria molto, molto seducente.
"No, no. Non sono del vostro branco, ma...sto cercando il vostro capo. Io...io avrei...avrei bisogno di parlare con lui" rispose Nemo rinfrancata di essere stata scambiata per una lupa: l'anello stava facendo il suo dovere.
"Oh, il grande lupo è a caccia da molte lune...dovrai attendere per un po'" disse il giovane lupo.
"Allora sono in un bel pasticcio!" mormorò la piccola Nemo, accigliata.
"Ma puoi parlare con la sua compagna se credi" suggerì il lupo.
"E' lei che prende tutte le decisioni quando lui non c'è. Vieni, ti accompagno. Io mi chiamo Iota e lui è Tao...".
"Piacere di conoscervi. Io mi chiamo Nemo".
Dunque l'anello era davvero magico! La piccola poteva parlare con gli animali di tutte le specie e apparire ai loro occhi esattamente come una di loro!.
Quei giovani lupi non avevano dubbi circa la sua identità ed ora l'accoglievano nel branco.
Era incredibile, ma le cose stavano andando esattamente così.
Lungo il percorso, Tao, che era un po' mogio e trotterellava ad una certa distanza, cominciò a prendere di petto suo fratello.
Aveva un modo di fare molto buffo e, forse, non del tutto amichevole.
Fissava Iota con un ghigno beffardo, gli tagliava la strada all'improvviso per spingerlo a spallate e, ridendo, gli posava una zampa sulla schiena.
Gesto che faceva pensare ad una sfida o, più amichevolmente, ad un invito al gioco.
Ma Iota non voleva saperne di questa messa in scena e proseguiva risoluto per la sua strada.
"Accidenti fratello Iota, mi avevi promesso che avremmo fatto la lotta quest'oggi!" si lagnò mortificato il piccolo Tao.
"Sì, infatti, te lo avevo promesso. Ma ora ho da fare una cosa più importante, non lo vedi?".
"Ma io devo imparare a combattere, devo affilare i denti! E devo anche imparare a ringhiare e mordicchiare!".
"Perché non incominci ad ululare? Mi pare che l'ultima volta che l'hai fatto tu sia risultato molto, molto stonato...non vorrei che ti scambiassero per una mucca, giù a valle!".
"Non mi va di ululare!" rispose il lupetto arruffando il pelo e puntando i piedi, immusonito.
"Ma dovrai imparare prima o poi! Se il grande lupo ti manda ad ululare alla luna cosa fai?".
"Dirò la verità".
"E qual è la verità?" domandò Iota incuriosito.
"Che io non ho niente da dire alla luna!".
"Tu non hai niente da dire alla luna perché hai paura di essere stonato!".
"Non è vero!".
"Sì che è vero!".
"No, non è vero!".
"Olè, schola cantorum, hai finito? Sarebbe tutto molto più semplice se ammettessi la verità".
"E quale sarebbe la verità secondo te?" domandò Tao sempre più cupo.
"Per esempio, che non tieni l'ululato più di cinque minuti, mentre dovresti reggere il doppio!".
"Io reggo anche il triplo se vuoi saperlo! Ma c'è un ma...che non è quello che dici tu".
"E quale sarebbe il tuo �ma', sentiamo..." chiese il fratello maggiore sorridendo.
|
|
       |
|
|
"Non ne ho voglia!".
"Non ne hai voglia? Naaa, smettila Tao, ti stai comportando da stupido! Non sono un bel vedere tutti questi capricci".
"E invece è proprio così: la luna è stupida e tu sei stupido quando le canti le canzonette, fratello Iota".
"Io non canto le canzonette alla luna. Io le invio le parole del branco affinché ella le diffonda nella valle".
"No, tu vai a cantare alla luna per conquistare le lupacchiotte, perché vuoi sentirle dire..." e qui Tao si atteggiò in una smorfia leziosa:
"Oooooh! Come hai cantato bene fratello Iota! Come sei ieratico fratello Iota!! Oooooh, sembravi veramente il grande lupo fratello Iota!!!" lo canzonò il piccolo e concluse:
"E poi perché sai che subiscono il fascino del �solitario'!".
"Ma quale solitario! Cosa dici?" rispose l'aitante lupo ridacchiando sotto i baffi.
Ma Tao non aveva affatto voglia di ridere:
"Certo" riprese furioso.
"Tutti voi da �sette mesi e un giorno' avete il mito del lupo solitario, me lo ha detto la mamma che a quell'età vi sentite forti e pensate che �il solitario' sia il vero mito! E intanto dovete ancora imparare ad alzare la gamba per fare la pipì!".
"Ehi, lupino bianco, bada a come parli!" lo apostrofò fratello Iota annaffiando una roccia su un piede solo.
"Puah! Vai al diavolo Iota, avrai imparato si e no l'altro ieri! Beh, comunque ti è bastato vedere il manto azzurro di questa signorina per rimangiarti ogni tua promessa!".
"No Tao, ho detto che ti farò scuola e lo farò, ma...".
"Chiedo scusa" s'intromise Nemo timidamente.
I due lupi si voltarono verso di lei con gli occhi che parevano due biglie dorate.
Stavano discutendo esattamente come due giovani fratelli di qualsiasi specie, eppure nei loro sguardi vi era una furia atavica di cui, forse, nemmeno loro si rendevano conto.
Iota, nel rispondere al cucciolo, spesso alzava il labbro mostrando delle zanne affilatissime e pungenti.
Tao, per tutta risposta, digrignava i dentini da latte rivelando, a tratti, il magnifico lupo che sarebbe stato da grande.
Nemo li aveva osservati con profondo timore e aveva visto Tau scimmiottare la grinta del fratello più grande con perfezione magistrale.
Ora i due giovani predatori la fissavano con aria interrogativa.
"Che c'è?" chiese brusco Iota.
"Ecco..." fece Nemo con la voce un po' strozzata dalla paura.
"Io non ho fretta e, visto che il sole è calato ed è spuntata la luna, posso venire con voi ad ululare, così poi...poi mi...mi accompagnerete dalla grande lupa...".
"Alfa. Si chiama Alfa per essere precisi!" sentenziò Tao pignolo guardando la ragazzina dritta negli occhi.
"Sta bene" disse infine Iota.
"Andiamo!".
Passò un po' di tempo prima che i tre trovassero un picco come si deve.
Quindi, scelto un buon punto, si sistemarono per ululare nella valle.
All'improvviso un tonfo e un grugnito profondo alle loro spalle li fece sussultare.
Tao cominciò a tremare:
"A-accidenti fratello Iota...conosco questo rumore, oh sì! Conosco questo verso e mi fa ve-venire la pelle d'oca...oh, grande lupo della valle! Un cinghiale!".
Nemo vide Iota tendersi in un'espressione mai vista prima.
Alcune gocce caddero dalle sue labbra e la bambina capì che il giovane lupo stava sudando.
Il cinghiale doveva essere caduto da qualche rupe, forse il terreno gli era franato sotto le zampe porcine.
Il suo grugnito non sembrava troppo convinto, ma appariva molto nervoso.
Doveva essere seriamente irritato per quel che gli era successo, per questo grugniva: stava minacciando per non essere attaccato.
In verità non aveva tutti i torti: non era difficile soppesare le tre sagome che si trovavano di fronte a quel concerto di sbuffi e grugniti: si trattava di tre giovani, giovanissimi lupi che non avrebbero mai potuto reggere sotto il peso della sua mole e lui lo sapeva.
Anche Iota e Tao lo sapevano e cominciava a rendersene conto anche Nemo.
La piccola si stupì dei suoi ragionamenti.
In altri tempi non avrebbe mai pensato ad un nemico in termini di mole, attacco e difesa in modo così lucido ed istintivo.
Doveva essere l'effetto dell'anello, doveva essere quell'oggetto tanto caro a Salomone a farla ragionare come un animale, come un lupo.
Erano dunque spacciati? Tutto lasciava pensare di sì.
"Usa la magia! Usa la magia!" implorò sussurrando il piccolo Tao al fratello.
|
|
       |
|
|
"Finalmente parli sensato lupino bianco!" gli fece eco Iota assestandosi con vigore sulle due zampe anteriori come per spiccare un grande balzo.
Nemo guardò il giovane animale stupita e contratta sussurrando fra sé:
"La magia?".
Ma Iota pareva incantato dal riottoso cinghiale e mormorava:
"Avanti, guardami ciccione peloso, forza!".
Il cinghiale sembrava resistere con difficoltà agli occhi dardeggianti di fratello Iota.
Più che occhiate, pareva che elargisse palle di fuoco.
Dopo una strenua resistenza il cinghiale, furibondo, cedette e fissò negli occhi il giovane lupo.
Un istante e Iota e Tau urlarono all'unisono balzando di lato.
"Ora! Via! Via! Via!!!" e partirono come razzi.
Nemo, imitandoli, si tuffò terrorizzata al loro inseguimento.
Incominciarono a correre senza sosta e per qualche istante si udì solo il ritmo incessante dei loro fiati.
Quindi Nemo si fece coraggio.
"Uff, uff, cosa è successo non ho capito nulla?".
"Lassù!" disse Iota indicando un altro picco.
"Te lo spiego lassù!".
Qualche istante dopo, stremati, sorseggiavano aria a pieni polmoni.
Iota parlò per primo.
"Non te lo hanno insegnato nel tuo branco?".
"Cosa? Uff...Ufff" domandò Nemo ansimando.
"A fuggire uff, uff, davanti ad un cinghiale? Francamente avevo un'altra idea della vita da lupo!" concluse esausta.
"Forse appartiene ad un branco con poca fantasia!" sentenziò Tao irritante come la puntura di un ortica per aggiungere, con impertinenza, subito dopo:
"Forse lei non canta alla luna, magari ama cibarsi di pipistrelli farciti di ragnatele, caramellati al polline d'api! Forse beve spremute di datteri marci e magari usa le code di volpe per farsi cappelli!...Ma dove vieni si può sapere?".
Nemo, un po' per la tensione accumulata, un po' per la consapevolezza di essere davvero sola scoppiò in un pianto disperato.
Iota le si avvicinò comprensivo ed iniziò a mordicchiarla su un braccio. Erano morsetti d'affetto, molto comuni fra i lupi.
"Basta Tao, non vedi che l'hai fatta piangere? Accidenti, smettila, non è poi così grave! Ehi mi senti? Nemo?".
"Lasciami perdere Iota e pensa a far ululare tuo fratello!" disse la ragazza asciugandosi il naso con le foglie.
"Oh cielo, ma cosa sto facendo?" si chiese fissando il mucchietto di germogli con cui si era strofinata il naso.
"Sto ragionando sempre più come una del branco e sempre meno come me stessa!".
Ciò detto, gettò le foglie e si pulì le lacrime con la manica della sua casacca.
Iota, intanto, si era seduto sulla punta estrema del picco e perdeva tempo a discutere col fratello.
Voleva assolutamente che provasse ad ululare.
Finalmente Tao si arrese e incominciò a farlo come un vero lupo.
In punta di piedi, Iota lo lasciò da solo avvicinandosi alla ragazza.
Lei lo accolse sorridendo, si era un po' consolata.
"Ha protestato anche �stavolta?".
"Già. Chissà quando capirà che sta facendo una cosa fondamentale per il branco...".
"E' davvero così importante saper cantare?".
"Accidenti non ti capisco! Da piccola non ti hanno insegnato che saper ululare è fondamentale per la vita del branco?".
"Veramente io..." balbettò Nemo.
"Per bacco, siamo animali evoluti!" continuò Iota.
"Sì, lo so, ma vedi...".
"E abbiamo una vita sociale molto impegnativa e il nostro modo di comunicare è molto, molto sofisticato. E anche se fa finta di non saperlo, lo sa bene pure Tao!" concluse il giovane lupo.
"Sì certamente ma...".
Iota l'interruppe.
"Scchhtttttt! Senti, senti: l'ha presa!" esultò.
"Cosa ha preso?".
"Ma la tonalità! Così riuscirà a portare la voce per ben oltre dieci minuti!".
"Accidenti!" si rallegrò Nemo.
"L'ululato di un buon lupo può arrivare anche oltre otto chilometri! Ma come puoi ignorare queste cose?".
"Beh, perché io sono...cioè, io non sono...cioè...".
"Beh, deciditi. Cosa sei?".
"Ecco vedi io sono...sono orfana".
|
|
       |
|
|
"Oh, per la grande vallata! Orfana? Non hai un branco? Sei una sorta di lupina solitaria?".
"Un branco? No, non credo, cioè, se ce l'ho non l'ho mai saputo...per questo sono qui...magari il tuo capo sa...sa dirmi qualcosa".
"Il mio capo sa dire un sacco di cose, ed è sufficiente che ti annusi".
"Già..." convenne Nemo pensierosa.
"E' quello che spero. Devo proprio incontrarlo".
"Se vuoi rintracciare la tua gente penso di si" rispose Iota ottimista.
Gli ululati del piccolo Tao tormentavano la vallata, tanto che due vecchi gufi esasperati si mossero in cerca di altri giacigli:
"Hai sentito quel lupetto?" chiese il primo.
"Già, non potrebbe partecipare nemmeno ad un festival!" replicò l'altro spalancando le ali.
Nemo e Iota sghignazzarono di quelle chiacchiere.
"Ma è così difficile ululare, dunque?".
"Lo è e non solo per il tempo. Un ululato di dieci secondi può avere anche una frequenza di settecentottanta cicli al secondo e la presenza di dodici tonalità armoniche differenti" sentenziò orgoglioso Iota.
"Uuuuuuuuuuuoooooouuuuhhh!!!" si sentì di lontano.
"Ecco, ascolta: ora ha lanciato il primo urlo".
"E cosa dice?" chiese Nemo incuriosita.
"Ha tracciato una sorta di frontiera uditiva. Diciamo che ha stabilito con chi vuole parlare. Più l'ululato è forte, più la frontiera è lontana, più gente ascolterà cosa lui ha da dire".
"Una frontiera uditiva..." ripetè Nemo colpita.
"uauuuuuuuauuuuuuauuuuuuhhh!!!".
"E ora? Cosa dice?" s'informò la ragazzina.
"Avverte tutti che si sta esercitando".
"Iuuuuuuuuuiuuuuuuuiuuuuhhh!!!".
"E adesso?".
"Adesso sta chiamando tutti i membri del branco. E' un modo per tenerci uniti e poi proverà l'ululato che dice: �chi vuole giocare con me?' E quando avrà imparato bene questo proverà quello che dice �vado a caccia'. Non sono facili per un pivello!..." concluse Iota dandosi delle arie.
"Tu ne sai fare molti di più a sette mesi?".
Iota si gonfiò tutto.
"Beh, naturalmente io conosco anche quello che dice �Ohi, ohi, sta per scoppiare una lite nel clan' oppure �ci stiamo spostando, questa notte'.
Altre specie credono di noi che siamo urlatori dissennati, invece è questa la verità vera su i lupi: noi si parla anche a grandi distanze, abbiamo una fittissima rete di comunicazioni che dobbiamo imparare bene e sfruttare al massimo".
"Avevi ragione. E' un sistema affascinate e veramente complesso" osservò Nemo con interesse.
"Ma non sappiamo solo ululare".
"No infatti!" intervenne Tao sbucando all'improvviso alle spalle del fratello.
"Sappiamo anche fare altri cinque versi tipici!" continuò il piccolo lupo saltando a piè pari un picco.
"Vedo che hai studiato fratellino, me ne compiaccio!" sorrise Iota.
Tao assunse un'aria sussiegosa e concluse compìto:
"Gemito, ringhio, latrato breve, pianto e ululato".
"Accipicchia" esclamò la bambina ammirata.
"Forse in questo modo riuscirei a capire da dove vengo..." aggiunse con aria sognante.
"Improbabile..." disse Iota saputo.
"Magari il tuo branco è molto lontano da qui. Però potremmo passare parola".
"Lo faresti per me?" Chiese lei piena di speranze.
"Naturalmente, baby!".
Detto fatto, Iota andò sulla punta del picco e gonfiando il petto si lanciò in una lunga serie di latrati lancinanti.
"Cos'hai detto ?" gli chiese Nemo.
"Ho chiesto ai branchi di passare parola. Sicuramente la tua mamma e il tuo papà ti stanno cercando, vedrai che la notizia si spargerà in un baleno".
Quando ebbero finito, i tre lupi si mossero per andare dalla grande lupa Alfa.
"Non mi hai detto cosa è successo fra te e quel cinghiale, prima" osservò Nemo mentre tornavano sulle tracce del branco.
"Se è per questo non ti ho parlato nemmeno del grande ululato".
"Sono tutta orecchie! Cos'è il grande ululato?".
"L'urlo del lupo che sta dietro la luna".
"Quale lupo?" domandò lei in un bisbiglio.
"Eh...si vede solo quando la luna è piena" rispose Iota con gran mistero.
"E' un vero MITO!" aggiunse Tao ammaliato.
"Brrr!! Non è che state cercando di mettermi paura? Lo conoscete?".
"Mai visto. Ma c'è!" sentenziò Iota risoluto e aggiunse.
"Tutti i clan ne parlano. Egli ha il manto pallido e la sua strada è disseminata di leggende".
|
|
       |
|
|
"E' così: egli vaga fra epopea e realtà" concluse serissimo il piccolo Tao.
"E ha un latrato che pochi intendono e i molti che non lo conoscono tremano quando lo ascoltano" aggiunse Iota.
"Perché?" domandò Nemo preoccupata e curiosa insieme.
"Perché egli parla in interludio e solo la luna può comprenderlo".
"E...la vostra magia? E il cinghiale?".
"Ognuno di noi discende dal lupo della luna e dalle sue leggende. E delle sue leggende, se serve a salvare le nostre vite, egli cosparge i nostri sentieri...".
"Sarebbe a dire?" la piccola era sempre più incuriosita.
"La vita dei lupi s'interseca con migliaia di leggende, storie incredibili che si raccontano sulla nostra specie.
Tutti le conoscono ma pochi sanno che noi possiamo renderle reali".
"Se una giumenta posa il suo zoccolo nell'impronta di un lupo non partorirà mai più!" esclamò Tao zampettando per terra.
"E se il lupo ti fissa negli occhi ti pietrifica" gli fece eco il fratello.
"Il cinghiale!" esclamò cominciando a capire la piccola Nemo.
"Eh già! Pietrificato quel ciccione!" rise Iota.
"E se si mette un ciuffo di peli di lupo nella scarpa di un neonato gli si assicura fortuna e fecondità!" concluse il più giovane.
"Oh! E' meravigliosa questa storia del lupo della luna!.
Raccontatemene ancora ve ne prego..." Nemo, molto divertita, incominciò a ringhiare ed ululare, ballando in modo molto buffo.
"Iuuuuooouuuuh!! Dai ancora, ancor..." Ma qualcosa di morbido aveva interrotto il suo balletto.
Un forte odore di muschio e foglie affumicate li avvolse.
Iota e Tao con i musi rivolti verso il cielo guardavano in alto dietro di lei con profondo timore.
Nemo incominciò a tremare, qualcosa di molto potente, forte e possente era lì, a due passi da lei.
Lo sentiva.
Una forza magnetica mai percepita prima, un calore intenso a tratti irresistibile e violento.
Nemo era paralizzata e rapita.
Si voltò. Non c'era altro che potesse o che volesse fare.
Un latrato sordo e due occhi fiammanti la inchiodarono al suolo.
Una voce profonda, calda e sensuale ringhiò verso di lei:
"Chi sei? Non riconosco il tuo odore...e perché due giovani lupi del mio branco si accompagnano ad un essere come te?".
"Tu....tu...tu...puoi vedere co...co...come sono realmente?" chiese Nemo stringendo, nella mano che aveva in tasca, l'anello che aveva al dito.
"Certo che posso. Ne ho la saggezza e la capacità" fu la risposta.
Dunque, quello che aveva davanti era davvero un essere soprannaturale.
L'anello non l'avrebbe protetta da quello sguardo così profondo, poiché quell'essere vedeva con la mente.
Era un lupa fulva dagli occhi d'oro, dalla coda maestosa e dal manto screziato nero e argento.
Non era possibile sostenere a lungo il suo sguardo, né rimanere dritti in piedi davanti al suo muso.
Stava distesa a terra come una statua e nello specchio dei suo occhi sembrava di veder trascorrere il tempo dei tempi.
I suoi baffi, tesi come le linee di un pentagramma, annusavano la verità, il passato, l'anima.
Nelle sue tracce si scorrevano i segni delle strade che percorrevano il �lì' e �l'eternità'.
Tutto sembrava parlar di lei in quell'immensa vallata.
Lei era la corsa e il salto, lei era sasso e vento.
Lei era caccia, ventre a terra, la presa.
Lei era la lotta, l'amore e la furia.
Lei era l'alito, il moto, la ragione.
Lei era....
"Alfa...tu...tu sei Alfa?" chiese in un sussurro Nemo, affascinata e spaventata.
"No, io sono Breath. Io sono il respiro e la vita del clan. E, bada, posso decidere della tua sorte poiché tu hai violato la mia terra!.
Cosa vuoi dalla mia gente...parla. Ti credi forse un lupo?" domandò annusando intorno "...Un virtuosismo del vento? O solo uno scherzo del sole?...non capisco".
"Sto solo cercando le mie origini. Io...io non voglio fare nulla di male...credetemi!".
Nel dire quelle parole Nemo, senza accorgersene, aveva sfilato la mano dalla tasca e la lupa dagli occhi d'oro poté scorgere il prezioso anello.
"Oh! Ora capisco! Tu, tu porti l'anello di Salomone! Per questo mi parli.
E' lui che ti manda?.
Perchè per tanto tempo non abbiamo più avuto sue notizie?.
Hai rischiato moltissimo a non rivelarti fino ad ora. Dunque, tu ricerchi le tue radici. E ti è stato d'aiuto quel che finora hai appreso?".
|
|
       |
|
|
Nemo era completamente rapita.
Le piaceva Breath! Le piacevano quelle colline e la vita del branco e i canti alla luna.
Per un istante pensò di essere un lupo, desiderò con tutta se stessa di essere lupo.
Quella, quella era la sua vita!.
Anche lei, un giorno, avrebbe avuto quell'aspetto regale e tanta saggezza.
Avrebbe corso e forse lottato per la sua famiglia e la sopravvivenza del clan.
Avrebbe rincorso il vento e galoppato verso le porte del sole.
Così voleva vivere, vestita di neve per ululare alla luna.
"Toglilo, non ti servirà qui con noi" disse la voce profonda di Breath.
"Cosa?" chiese Nemo abbagliata dal suo splendore.
"L'anello. Sfilalo, non è questa la strada, né la traccia che oggi devi seguire".
La bambina fece quanto la lupa le aveva ordinato, ma appena tolto l'anello provò un gran senso di distanza. Qualcosa la portava via lontano...
Ora non vedeva più nulla, udiva solo la voce di Breath bassa e lieve:
"Non è qui che devi fermare la tua corsa".
"Come dici?".
"Non è qui. Non posso lasciarti correre nella mia prateria, non ancora, non adesso!".
"Ti prego!".
"No, non posso!".
"Eppure lo vorrei tanto, lasciami stare con te! Ti scongiuro!" implorò Nemo con un gran magone.
"No, piccola. Devi andare a cercare la tua gente. E la tua gente non è qui, la tua gente non siamo noi".
"Ma potreste diventarlo, io mi sento così simile io...ci rivedremo?".
"Un giorno...può darsi. Ma devi andare fino in fondo. Fino in fondo, ricordalo!" disse la lupa dagli occhi d'oro, facendo un balzo e ritagliandosi una cornice fra le braccia del tramonto.
Poi più nulla.
Nulla, o quasi.
Forse degli ululati lontani...qualcosa tipo:
"Qualcuno vuol giocare con me?".
"Noooo, nessuno se ululi così male!".
Poi, sempre più lontano.
"Che noia!".
"Avanti riprova Tao, magari la prossima volta sarai più fortunato!".
Poi lontanissimo:
"Uuuuuuuuooouuuuuhhh!".
Poi il buio. .
"Ehi Nemo?Nemo? Nemoooooo!".
"Off...Offf cosa c'è chi mi chiama Iota? Iota?".
"Se vuoi darmi dell'idiota fa pure ragazza ma lascia che ti dica che hai una pessima cera!".
"Uomo farfalla.... sei tu?" domanda Nemo fregandosi gli occhi arrossati.
"Certo che sono io chi pensavi che fosse il lupo?".
"Lupo? Quale lupo?".
"Ma no dicevo per dire, lo sai che hai dormito per almeno due giorni?".
"Davvero?" gli fa eco la bambina stupita.
"Vuoi fare quattro passi...per sgranchirti?".
"Grazie no, credo di aver appena attraversato una lunga prateria....".
"Una prateria? Vuoi parlarcene piccola?".
"La prossima volta...dite un po'... avete mai visto un lupo nella luna?".
"Non ci sono lupi nella luna, almeno che io ne sappia... anche questo l'avrai sognato...forse" commenta il Bacca compito.
"Magari ti sei sbagliato, magari ci sono i lupi nella luna e le mucche nel sole..." replica l'uomo farfalla.
"O forse solo uno stupido qua davanti" sentenzia il Coccino.
"Nemo che ne dici?".
Ma Nemo non li ascolta, guarda il cielo in cerca della luna.
Il suo cuore palpita di curiosità.
Un cuore che non è cuore di lupo.
Cuore che è già oltre il prossimo ostacolo, in trepidante attesa, di una nuova ricerca e un'imprevedibile avventura nel mondo amico dell'anello, di Salomone e degli animali.
|
|
|
|
|

|