Il ponentino non è più come quello di una volta qui al Gianicolo ...
Cari miei, i tempi so' cupi... qui se schiatta de caldo in estate e tutto l'anno d'inedia!
Mica è come un tempo, quando intere scolaresche veniveno a trovarci.
Visita pe' li eroi der Risorgimento!
Allora sì che eravamo rispettati, amati e conosciuti.
I tempi so' cambiati, Roma è cambiata.
Manco se sente più er cannone di mezzogiorno che puntuale spara da qui!
Troppo rumore urbano, troppo traffico che copre er botto!
Il senso civico?
Se n'è pure ito.
Chi so' io, chiederete voi?
Ecchime: so' Righetto!
C'ho un busto in bronzo, sotto l'alberi, che sarebbe poi 'na replica della scultura in marmo di Giovanni Strazza che s'intitola:
"L'audace Righetto".
Capite bene?
A U D A C E e no 'mollaccione', come 'sta gioventù che va in giro ora, solo capace de sbaciucchiasse tra noi statue, qui sur colle.
Va beh, parlamo de cose serie.
Ve ricconto, prima, della mia esperienza e poi ve presento tutti l'altri amici marmorei che, niente de meno, so' tutti eroi che hanno fatto der Bel Paese uno Stato moderno, unitario e si spera patriottico!
Correva l'anno 1848, l'anno delle rivoluzioni europee, e pure a Roma spirava un vento de rivolta.
Il papa Pio IX se n'era ito a Gaeta per via dei gravi tumulti, l'assassinio di Pellegrino Rossi e l'assalto al Quirinale.
Con la sua fuga finiva all'aria tutta la sua amministrazione.
Almeno, nella contingenza.
Sicché er 21 gennaio 1849 veniva eletta dalla gente l'Assemblea Costituente Romana.
Pochi giorni dopo, quest'Assemblea dichiarava che il potere temporale del papa era decaduto.
La notte dell'8 febbraio nasceva la Repubblica Romana.
Che storie ragazzi.
Che giubilo e che tripudio pe' le vie della città!
Come dimenticare la mattina del 9 febbraio 1849?
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Giuseppe Galletti, presidente dell'Assemblea, lesse coram populo er decreto fondamentale della neonata repubblica, affacciato ar barcone del palazzo senatorio, ar Campidoglio.
Noi popolani, eravamo in massa sulla piazza, accarcati come pochi!
Tutti uniti, er popolino così come er generone.
Roba da non credere!
In quei giorni accorrevano da tutta Italia i liberali, tutti attorno a Mazzini, Armellini e Saffi, triumviri della Repubblica.
Eppoi, quanto se scriveva!
Giornali e giornaletti: chili di carta stampata pe' racconta', pe' briga' co' le correnti democratiche, repubblicane.
Tutti a' di' la propria!
Ma nel mentre dell'euforia, arrivava la reazione ...
Giacché era evidente che a Gaeta Pio IX non restò co' le mani in mano.
E chiamò l'alleati potenti.
Li amici sua.
Già a primavera sbarcava a Civitavecchia il generale francese Oudinot, partito da Marsiglia co' parecchi militi.
E de contro, i patrioti italiani accorrevano da altre parti.
Giusto per darvi un'idea: arrivaveno 400 milanesi dalla via Aurelia, con Luciano Manara in testa mentre Garibaldi piazzava i suoi volontari ovunque in città e artri generali patrioti s'occupavano della guarnigione di Porta Cavalleggeri e dintorni.
Gli schieramenti erano chiari: francesi in nome der Papa contro repubblicani, in nome della libertà.
Er 30 aprile i francesi attaccavano a sorpresa.
Bombe e cannonate da paura.
Ve lo racconta pure er Belli, a modo suo ovviamente.
Scriveva a Cencia che non poteva più fa' la pennica der dopo pranzo.
Era tutto un botto.
Mine e cannonate.
I triumviri pe' argina' st'imponente fuoco de fila formularono un editto.
Cinque baiocchi a chi riusciva a spegnere le micce delle bombe (quelle, ai tempi, considerate moderne cioè a scoppio ritardato).
Tre baiocchi eran pagati per i frammenti di bomba (per ogni libbra consegnata).
A 'sto proclama accorse una marea de morti de fame che annava in prima linea, sui campi de battaglia a' rimedia' 'na bomba da spegnere.
Quegli accattoni eran soprattutto donne e regazzini, maldestri e certamente non artificieri.
Brillavano assieme agli ordigni.
Visti gl'incidenti numerosi, i triumviri abrogarono il provvedimento infausto.
Nienti più baiocchi
Ma intanto noi s'era già trapassati a miglior vita.
Eccome dunque, Righetto.
Regazzino de Trastevere, eroicamente morto sur campo co' la bomba in mano.
Eppure me sembrava proprio d'averla spenta quella miccia.
Me volevano tutti bbene, li popolani come me e l'aristocratici che servivo.
Er conte Litta decise di far scolpire un monumentino alla mia memoria.
E lo commissionò allo scultore Giovanni Strazza, esponendolo nel suo palazzo milanese.
Ora, però, sto pure in copia sur colle Gianicolo, teatro dei più sanguinosi momenti della resistenza repubblicana.
Qui, come ve dicevo prima, ce stanno tutte le statue dei più grandi eroi della Patria.
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E mo' che vo' modestamente parlato della mia storia, vi presento gli altri.
E' un gruppo di ragazzi gagliardi, ve l'assicuro!
I loro busti furon già collocati al Gianicolo alla fine del secolo decimonono.
Il primo che vi voglio presenta' è quello di Luigi Masi, statua del 1897.
Luigi fu il comandante della "Brigata umbra".
Durante gli scontri della Repubblica Romana difese la Porta Cavalleggeri ed Vaticano.
E partecipò anche alla rivolta 'del sette e mezzo', a Palermo, nel 1866, quando il popolo insorse contro il governo.
'N'altro eroe repubblicano romano fu Luigi Ceccarini.
Gigi, d'apprima fu maggiore dell'esercito pontificio e poi combatté per la Repubblica di Venezia e a Roma, nel 1849.
Pio IX gliela fece paga' cara quando tornò al potere tanto che dovette andare in esilio in Piemonte, essendo stato escluso dall'amnistia.
Ecco poi Pietro Pietrammellara.
Il suo busto venne eseguito nel 1886.
Quest'altro eroe è d'origini aristocratiche: un marchese liberale.
Specie veramente rara.
Dove lo trovi un nobile che abbraccia il fucile per difendere Vicenza nel '48 e poi la Repubblica Romana, dove ce muore pure?
Andiamo ora su tre eroi veramente speciali: Luciano Manara, Goffredo Mameli e 'na signora formidabile: Colomba Antonietti.
Luciano veniva dalla città di Milano.
Già si distinse all'inizio della Repubblica e, come v'ho detto, arrivò a Roma dalla Via Aurelia co' na manica de volontari.
Il 30 giugno del '49, poverello, perse la vita e la madre addirittura faticò a trasferire la salma a Milano.
Il governo non voleva concederlo!
Luciano era un grande patriota.
Fu tra i protagonisti delle 'cinque giornate di Milano': l'insurrezione antiaustriaca del '48 che vide combattimenti in strada veramente duri.
E grazie ai quali il generale austriaco Radetzky si ritirò dalla città.
Veniamo ora a Goffredo, busto nel viale, caduto in difesa di Roma.
Non me dite che non conoscete Mameli, eh?
Per non lasciare adito a dubbi: è il poeta che ha composto nel 1847 Fratelli d'Italia.
Inno che sarà musicato da Michele Novaro per la Repubblica Italiana.
Tutto chiaro, vero?
Speriamo di sì e cambiamo discorso.
Parliamo della lady della Roma repubblicana: Colombina.
Morì a Porta San Pancrazio, sotto il fuoco nemico.
Era la moglie di Luigi Porzi, una donna veramente gagliarda.
Il marito era conte, tenente delle truppe pontificie.
Nel 1848 cambiò lato della barricata.
Colomba amava suo marito e amava la libertà.
Contro il parere della famiglia (di Bastia Umbra), sposò Luigi e si trasferì a Roma.
Quanno vi fu da combattere, Colomba non pensò de rimane' a casa come tutte l'altre.
Si tagliò i capelli come un omo.
Si procurò un'uniforme da bersagliere.
E uscì in strada per combattere.
Partecipò alla battaglia di Velletri, il 18 e il 19 maggio 1849, contro le truppe borboniche.
Era così valorosa, tanto da ricevere i complimenti der Generale.
Chi?!
Ma Garibaldi, ovviamente!
Poi fu sul fronte della Porta San Pancrazio.
E qui la poveretta se prese una granata francese in pieno petto.
Spirò tra le braccia di suo marito.
Pare che le sue urtime parole furono:
"Viva l'Italia".
Che eroina romantica, ragazzi!
Dopo la sua morte Luigi, talmente a pezzi, si trasferì un Uruguay senza fare mai più ritorno in patria.
La salma di Colombina fu dapprima portata nella Chiesa barnabita di San Carlo ai Catinari.
In questa chiesa finirono sepolti parecchi garibaldini, grazie al volere del patriota Ugo Bassi, appartenente all'ordine dei Barnabiti.
Poi, come quasi tutti noi altri, finì nel 1941 nel Mausoleo Ossario garibaldino, qui ar Gianicolo e precisamente nella zona denominata Colle del Pino.
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Ar Mausoleo, a parte qualche barbone (quando piove), turista e gatto morto de fame, non viene proprio nessuno.
E so' convinto che se lo chiedete alle nuove generazioni, manco sanno dov'è er Mausoleo.
Eppure ce saranno passati davanti migliaia di volte ma, nun se saran fatti mai lo scrupolo, la domanda:
che sarà mai 'sto mammozzone marmoreo?
Ve lo racconto io, per bene.
Sur colle trovate 'n'area recintata con ar centro una struttura architettonica piuttosto austera, de travertino, a forma di quadriportico però co' soli tre archi pe' lato.
A questo si accede da una gradinata ampia.
All'interno ce sta un'ara costruita da un blocco unico de grandito rosso su cui vi sono delle raffigurazioni allegoriche che richiameno l'antica Roma.
Agli angoli del quadriportico ce stanno quattro piedistalli che sorreggono dei bracieri de bronzo, decorati con teste de lupa.
Ve ne parlo perché sui piedistalli ce sta il ricordo delle battaglie più importanti della liberazione di Roma.
Per il 1849, le battaglie per la Repubblica Romana, abbiamo: Il Vascello, San Pancrazio, Palestrina, Velletri, Monti Parioli, Villa Spada.
Poi per il 1862 se ricorda quanto accadde in Aspromonte, quando l'esercito regio bloccò Garibaldi e i garibaldini che si preparavano alla marcia, dalla Sicilia verso Roma, co' l'obbiettivo de scaccia' er Papa Pio IX.
Fu proprio 'na storiaccia.
Perché se trattava di Italiani contro Italiani ... fratelli contro fratelli.
I garibaldini ebbero coscienza dello scontro fratricidia e contennero i danni, senza troppo reagire.
Ma in ciò non si riuscì ad evitare la morte.
Tra i volontari di Garibaldi vi furono sette caduti e venti feriti.
E dalla parte dell'esercito regolare morirono cinque soldati e quattordici furono i feriti.
Tornamo all'interno der Mausoleo.
I piedistalli fanno riferimento anche al 1867, ricordando i combattimenti a Monterotondo, Mentana, Casa Ajani e Villa Glori, sempre nel quadro delle iniziative di Garibaldi per liberare Roma dal potere pontificio.
L'Eroe dei due mondi organizzò in quell'anno diecimila volontari per l'invasione del Lazio.
Era la cosiddetta 'Campagna dell'Agro Romano per la liberazione di Roma'.
Infine, per il 1870, la presa di Roma con la breccia di Porta Pia e il fuoco aperto a Porta San Pancrazio (già teatro de battaglia nel 1849...)
Sulla parte posteriore del Mausoleo, c'è una doppia rampa di scale che scende al Sacrario, protetta da una monumentale porta di bronzo.
Qui se riconoscono due zone: un vestibolo e una stanza quadrata, con al centro un grande pilastro circolare, decorato con palme e croci in alabastro.
In alto, il soffitto è ricoperto da un mosaico con tessere in oro.
In basso, il pavimento è composto da marmi di diversa cromia mentre sulle pareti vi sono disposti trentasei loculi le cui lapidi presentano i nomi di oltre milleseicento patrioti eroici caduti.
Tra cui, ricordiamo:
Andrea Aguyar, il fedele 'Moro di Garibaldi', il mitico Ciceruacchio, popolano, al secolo Angelo Brunetti che fu fucilato con i suoi due figli.
Poi qualche altro esempio d'illustre patriota: Francesco Daverio, Enrico Dandolo, Emilio Morosini, Giacomo Venezian, Edoardo Negri e il nome di un'altra grande signora: Giuditta Tavani Arquati.
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Fateme di' due parole pure su Giuditta, figlia di Giustino Tavani, patriota della Repubblica Romana, fuggito a Venezia.
Sposò giovanissima Francesco Arquati, altro personaggio di pensiero patriottico.
Insomma, entrambi erano impegnati a Roma nella causa della liberazione.
Nel 1867 parteciparono alla Campagna dell'Agro Romano.
Il 25 ottobre 1867, mentre Garibaldi combatteva a Monterotondo, se svolgeva una riunione de patrioti a Trastevere, precisamente in via della Lungaretta 97, nella sede del lanificio di Giulio Ajani.
Erano in tutto una quarantina, tra cui Giuditta, il marito e uno dei tre figli.
Si preparava una sommossa per far insorgere Roma contro Pio IX.
Non si seppe mai come, ma quarcuno aveva fatto 'na soffiata ai papalini.
Sicché verso mezzogiorno, una pattuglia di Zuavi pontifici attaccava il lanificio.
E fu un vero macello perché nessuno di loro era armato.
Chi riuscì a fuggire si salvò dalla morte immediata e dall'arresto ... che voleva comunque dire fucilazione.
Nello scontro morirono nove persone, tra cui Giuditta, il marito e il loro figliolo, più l'altro mai nato, visto che la signora era in attesa.
Ritorniamo al Mausoleo.
E co' tutti 'sti racconti, speriamo che la prossima volta che passerete di lì vi fermerete ...
E' pure gratis, non si paga il biglietto per entrare!
Dicevamo delle iscrizioni che ricordano nomi di eroi ma anche fatti, luoghi, pensieri e testi estrapolati dagli scritti mazziniani.
Ci sono inoltre due lapidi con gli ordini del giorno del Municipio e del Triumvirato della Repubblica Romana.
I loculi custodiscono pochi resti non identificabili.
Potrebbe esserci pure quarche ossicino mio ... chi può dirlo ...
Mentre Goffredo Mameli è integro e riposa nella parete di fondo, in un sarcofago in porfido tutto suo!
Eccoce qua, la visita der Gianicolo volge ar termine.
Me so' dilungato ma ho anche accorciato parecchio perché non v'ho certo parlato di tutti li busti che ce stanno qui.
Senza poi contare le due grandi statue equestri dedicate a Garibaldi e alla gran donna del Risorgimento: Anita Garibaldi.
La sua statua la ritrae su un cavallo imbizzarrito.
Impugna una pistola con la mano destra (a braccio alzato) mentre con la sinistra stringe a sé un bambino.
Le sue ceneri sono all'interno del basamento di marmo del monumento.
Però, ve devo anche di' che il monumento è stanco, nun ce la fa più.
Cade a pezzi.
L'area è transennata e lunghe crepe percorrono le zampe del cavallo.
E me sento in dovere di dirvi che pure parecchi altri busti, mica stanno tanto bene.
Pe' non parla' del povero generale Rosselli, mutilato della testa, così come dei figli di Garibaldi, parecchio devastati.
Io, Righetto, me la cavo ancora.
E so' parecchio fortunato perché alla mia memoria è stato pure intitolato un premio, organizzato dagli 'Amici di Righetto'.
'Sti amici miei hanno bandito un concorso che si rivolge agli studenti pe' celebra' le mie gesta, a simbolo dei ragazzi caduti in difesa degli ideali di patria ...
Perché, avrete compreso, che io so' più un simbolo che 'na persona.
So' come un io narrante anonimo di tutti i pischelli che nel 1849 zomparono in aria co' le bombe dei francesi.
L'obiettivo del premio a mio nome è ovviamente la valorizzazione dei sentimenti di Patria e delle virtù civili tra gli studenti di ogni ordine e grado.
Si partecipa inviando un elaborato o progetto relativo alle sezioni del concorso: ricerca storia, poesia, pittura, fotografia, fumetti, teatro, musica, filmati, danza e multimedialità.
E allora ... fatevi avanti, ragazzi!
Viva l'Italia e viva le celebrazioni per i 150 anni della storia del Paese!!!
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