astri di velluto rosa e gialli sono l'unica vanità che mi concedo.
Il mondo mi sembra vano, così insipida la mia vita.
Legata ad un uomo che non amo e non amerò.
Mia madre non comprende cosa significhino la libertà, il desiderio di conoscenza.
Lei non ha imparato a leggere di nascosto, cercando di sillabare lettere mute dietro le spalle di suo fratello, curvo sull'abecedario... come invece ho fatto io...
A mia madre era sufficiente cucire lenzuola per il suo corredo di nozze!
Mentro io mi sento totalmente goffa ed inadeguata: non sono come tutte le altre ragazze che si accontentano di essere promesse spose da bambine né ho le capacità acquisite da una vera istruzione.
Sono veramente nessuno né mi possono consolare la bellezza o la vanità che mi fanno sentire ancora più finta.
Come un bambolotto o un sopramobile di lusso nella vita di un uomo...
Sono così avvilita... domani, come un pacchetto postale, verrò spedita per le vacanze estive nella contea di Nottingham, al castello di Giovanni Senzaterra.
Io sarei voluta restare nel mio ambiente, per organizzare la festa del solstizio estivo con le mie amiche... Perché dovrei preferire questo fidanzamento ad una vita libera in cui sia io a scegliere del mio tempo?
Mia madre ha deciso quale vestito dovrò indossare per il viaggio e quali gioielli.
Ho rifiutato l'uno e gli altri.
Una semplice tunica e dei nastri per i capelli sono più che sufficienti.
Saluti i miei con la freddezza formale di sempre.
Mi incammino verso quella che, secondo i piani prestabiliti, sarà la mia ultima estate da "signorina"...
Il viaggio è lungo.
Il sole va e viene.
Nella carrozza: la mia nutrice, il servitore più fidato di mia madre ed io.
La nutrice recita monotonamente il rosario, il servitore ronfa, io vedo il paesaggio sfilare velocemente.
Sfila la campagna inglese che vedo dietro le lacrime.
Sono triste, contrita.
Costernata da una vita che non mi piace.
Marian nasce, cresce con la speranza di vivere una vita a sua misura mentre invece trascorrerà tutto il suo tempo stabilito per lei da qualcun altro.
Marian: una marionetta.
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Marian che morirà per una vita non veramente sua...
A questi pensieri il mio pianto si trasforma in singhiozzi che, purtroppo, attirano l'attenzione della nutrice e svegliano il servitore.
"Signorina Marian!" - dicono entrambi in coro - "Cosa le succede? Tra poco potrà abbracciare il suo fidanzato... Ne sarà contenta!!!".
Avrei voglia di urlare.
Mi asciugo le lacrime cercando di impormi l'assoluto controllo di me.
E mentre sono tutta impegnata nel frenare la mia emotività accade un fatto assolutamente straordinario.
Stiamo attraversando la foresta di Sherwood su di un sentiero battuto dai cavalli.
Dalla carrozza sento un tramestio diffuso.
I cavalli si impennano.
Il cocchiere urla.
Ci sono dei briganti! La mia nutrice fruga nella borsa.
Afferra la cassetta dei gioielli che, malgrado le mie indicazioni, ha voluto portare comunque e, ehm, diciamo che ci si siede sopra (visto che la fa sparire sotto la gonna).
Il servitore di mia madre, in una specie d'impulso eroico, esce dalla carrozza implorante:
"Vi prego... non abbiamo niente, viaggio con due povere donne! Fateci passare, fateci passare!!!".
"Ma senti che piagnisteo... e come mai vesti di broccato se non hai niente?! Allora dacci la tua giacca!" - urla un uomo.
"Vediamo la carrozza" - suggerisce un altro.
La nutrice sbianca.
E' completamente paralizzata dalla paura.
Io mi sento un animale braccato che viene osservato ed esposto.
Si avvicina un volto alla porticina della carrozza.
E' un ragazzo bellissimo.
Non mi stacca gli occhi di dosso.
Io, non abbasso lo sguardo.
Poi, la sua voce calda:
"Il vostro nome, signora?" - domanda con fare gentile
"Marian, Lady Marian... e voi, di grazia?" - rispondo e a mia volta domando.
"Robin, Robin Hood!" - risponde lui con un sorriso malizioso.
Resto senza parole.
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Ho davanti a me il leggendario ladro che sottrae ai ricchi per donare ai poveri!
"Lasciatela, non osatela nemmeno guardare" - interviene istericamente la nutrice.
"Ti prego, silenzio!" - intervengo in modo autoritario.
Poi, a Robin:
"Accettate le nostre scuse e sappiate che apprezzo molto il vostro operato, non potete nemmeno immaginare fino a che punto io stimi la vostra politica contro Giovanni Senzaterra!".
"Non so se a confondermi sia più la vostra bellezza o la vostra determinazione, signora!".
Che sguardo e che voce sensuali.
"Non abbiamo niente da darvi! Andate via!" - continua la nutrice.
Mi indispettisce enormemente la sua insolenza.
Ha bisogno di una lezione.
"Non è vero, nutrice!" - dico con molta convinzione - "tira fuori il cofanetto che hai sotto la gonna".
La nutrice mi guarda incredula, come se fossi impazzita.
E non muove un muscolo.
"Coraggio, esegui quanto ti ho chiesto, o lo farò io..." - ripeto con dolcezza e fermezza.
Dopo altri indugi, la nutrice consegna il portagioielli.
"Questo è il mio contributo alla lotta contro Giovanni" - affermo con orgoglio.
La nutrice scuote la testa ma per fortuna non dice più nulla.
Io mi sento così bene a fare un gesto tanto dissacratorio e, finalmente, libero.
Un gesto mio.
"Siete molto coraggiosa, signora. Vi ammiro!" - replica Robin.
I nostri sguardi si incrociano intensamente ancora una volta.
Sono turbata, felice, sconvolta.
Il tempo sembra essersi fermato.
Non saprei dire da quanto duri questo incontro meraviglioso.
Il bosco mi è complice.
Non piove più ed arrivano in modo intenso gli odori di terra, di legno bagnati ma anche dei fiori, ancora in boccio, nonostante la stagione invernale inoltrata.
Attraverso Robin mi sembra di scorgere una possibilità poiché mi parla come persona a suo pari.
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Alla carrozza si avvicinano altri due della brigata di Hood.
"Cosa facciamo, Robin? Ce ne andiamo?" - Robin sembra non sentire queste parole e, con un certo ritardo, risponde:
"Beh, stiamo, ancora un poco. Poi partiamo, non ti preoccupare. Nessuno ci sta preparando un'imboscata. Almeno per oggi" - Così scopro la natura un poco flemmatica di Robin.
"Posso chiedervi, signora, di uscire dalla carrozza, così che io possa ammirarvi almeno un'ultima volta?" - mi domanda Robin.
"Vi accontento volentieri" - rispondo risoluta.
Ma esco con una certa timidezza e mi stringo nelle spalle.
"Si-siete bellissima" - dice un compagno di Robin, un poco balbuziente.
Robin non dice nulla e mi bacia la mano, senza smettere di guardarmi.
Non riesco a frenare un pensiero che persiste e non si cancella dalla mente.
Raggiunge la sua certezza un istante prima che sia a fior di labbra:
"Messere, che ne direste di portare via un più consistente bottino?" - "Vi offro di prendere me, tenendomi con voi presso Sherwood.
Posso assicurarvi che per Giovanni sarà un bel colpo".
A queste parole la nutrice sviene.
Robin non esita a rispondere:
"Marian, tesoro! Siete sicura di quanto affermate? Saprete vivere in una foresta con dei compagni considerati ladri, avete fatto bene i vostri calcoli?" -
Mi domanda dandomi prova della la sua prudenza.
"Sicuro, sicurissimo" - rispondo laconicamente - "Non chiedo altro di meglio".
Mi accorgo che Robin è veramente colpito da questa decisione.
"Rapimento, questo è un ratto! Pagherete duramente per questo!" - minaccia la nutrice.
"Non esiste il rapimento, cara nutrice. Io sono assolutamente consenziente. Anzi, sono io ad averlo proposto... e, mi raccomando, dai a Giovanni tutti i dettagli quando te li domanderà".
E scoppia a ridere con gli altri suoi compagni.
Mi cambio.
La tunica è diventata un paio di pantaloni.
Prendo alcuni oggetti personali (pettine, sapone, eccetera) e, sono pronta a partire...
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