ccidenti... sono sempre in ritardo... la festa sarà già iniziata e io sono qui che mi rammendo il vestito... accidenti.
Se fossi meno povero, potrei permettermi un abito nuovo, almeno un paio di calze di lana per l'inverno così da non aver sempre i geloni ai piedi.
Ahi, l'ago punge il dito... mannaggia alla fretta! Non sono mai stato bravo a cucire!
Oddio noooo!!!! Ora i pantaloni sono pure macchiati di sangue. Che disastro.
Eh va beh! Non ho alternative... uff....ma quanto son larghe 'ste brache. Dovrei ingrassare un po'.
Slam... ecco, tre mandate alla porta.... Macché... sto dimenticando il tamburello... accidenti, anche il liuto...
Ecco e, ari-slam... altre tre mandate.
Di corsa in strada!
Non posso arrivare così tardi. Sono giunti bardi e menestrelli da mezza Europa ed io che son qui mi permetto di prendermi tutto questo tempo. Un raduno così importante è davvero un'occasione unica.
Che corsa, mamma mia, sono tutto sudato.
Meglio sistemarmi la tunica prima di varcare l'entrata del castello... poi, ah! Ho dimenticato la cinta. Mi tiro un po' più su questi pantaloni e, le calze... che i buchi sian ben nascosti dentro le scarpe!
Eeeccìììì, santo cielo! Il fazzoletto pure è bucato... speriamo di non starnutire più.
Fiuuuu. Le guardie mi osservano sospettose.
Certamente stan pensando: chi è quest'accattone che entra a palazzo?
"Artista da strada, signori! E questo è un titolo!" - dico tra me e me.
L'appartenenza al mio mondo mi conferisce sicurezza e un bel portamento sereno, fiero della mia condizione artistica.
Attraverso un lungo corridoio scuro, rischiarato da una serie di fiaccole, che si apre su di un bel giardino.
Signori, che profumi!
Sento la fragranza delle rose poi l'intenso e oleoso profumo delle gardenie.
Infine una zaffata di gelsomini che quasi mi ubriaca...
Ah che dolci effluvi! Mi ricordan Palermo, quando suonavo per le strade, dove il gelsomino sembrava crescere spontaneo e con me c'era il piccolo Federico di Svevia, cresciuto anch'egli in strada.
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Avete capito bene, sì! Parlo del grande Imperatore del Sacro romano impero.
Colui che ha saputo apprezzare la mia musica ed il valore del canto.
Ahh, che tempi, ahimé conclusi.
Rubo un fiore al giardino. Una camelia che mi appunto alla giacchetta.
Finalmente arrivo nella grande sala.
Ragazzi, che emozione!
Quanti suoni! Strumenti musicali di ogni tipo, cori e canzoni!
La festa è al culmine!
Vedo i saltimbanchi di Salamanca impegnati in un ballo acrobatico. I giullari e i giocolieri intrattengono gli gnomi della Corte Contenta di Scozia e gli Scaldi d'Islanda salmodiano le loro rapsodie.
Al centro della sala vi è un grandissimo tavolo ricoperto di ogni leccornia.
Uva bianca e nera, meloni e gelsi.
Tortelli di selvaggina, pan caldo con uva sultanina, mesticanza, focaccia, formaggio, miele e torta di zucca. Poi vino supremo, succo di amarena, infuso di erbe.
Mi avvicino timidamente al tavolo, stringendo timidamente il liuto sotto il braccio destro e il tamburello nella mano sinistra.
Mi sento piccolo piccolo in mezzo a tutta questa gente.
Menestrelli di ogni dove.
Mi guardo attorno come un gatto spaventato che ad ogni rumore salta.
Sono felice di stare in mezzo ai miei simili ma, non sono abituato e mi sembrano tutti molto, ma molto più in gamba di me.
Stordito, forse lievemente ubriaco per via dell'odore di vino e mosto, vorrei sedermi da qualche parte e strimpellare anch'io qualcosa.
Mentre sono qui in piedi, con un bicchiere in mano che batto con il tamburello il tempo di un quartetto di archi non lontani da me.
Ecco che qualcosa succede... Una specie di elfo, bellissimo, dai capelli d'argento, intona una nota molto acuta e fa una piroetta.
Irrompe nella sala un grido e una schiera di danzatori si fa avanti.
Inizia una gigantesca farandola e la danza si scatena.
Si forma un serpentone incredibile di gente che si avvolge in cerchi concentrici, come spire e poi si svolge, come se fosse un nastro. Il ritmo incalza e la danza collettiva coinvolge anche me.
Ripongo i mie strumenti al sicuro, in un cantuccio, e mi lascio andare nel ritmo del ballo.
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Sono accanto ad un bardo ed un giullare irlandesi.
Il bardo mi rivolge la parola e mi urla nell'orecchio:
"Piacere, il mio nome è Fjonan".
"Piacere" - rispondo io - "io sono Cornelius e vivo qui in città. Suggestivo questo raduno di menestrelli, nevvero?" - aggiungo per fare un po' di conversazione tra un saltello ed un altro.
"Come avete detto di chiamarvi?" - risponde l'altro noncurante di quanto ho appena commentato.
"Cornelius" - rispondo con un tono di voce più alto, pensando che non mi abbia sentito.
Fjonan cambia espressione e sussurra qualcosa al suo compagno irlandese.
E tutti e due mi guardano stupiti.
Terminiamo la danza e, sudato, riprendo il liuto ed il tamburello.
Risoluto mi avvicino al gruppo che sembra pronto ad intavolare un certame canterino.
Mi siedo tra gli altri, approfittando per riprender fiato e aggiustarmi i pantaloni.
Ad ogni passo di danza ho temuto di restare in mutande!
Timido come sono, con una cosa del genere non mi sarei mai ripreso dalla vergogna!
La gara poetica ha inizio. Si alza il primo sfidante. Un nanetto che suona una piccola arpa di legno. Strimpella e canta:
"Dimmi, chi per primo fece le sillabe? Io ti dico: Mercurio, il Gigante".
Ma nessuno risponde... nessuno ha capito la sua allusione.
Uno scaldo si alza e a sua volta canta:
"Le rune troverai, magici segni potenti, come le scelse il signor di magia, quali le fecero gli dei propizi, quali le incise il principe dei saggi".
"Lo hai tratto dal componimento che si chiama Edda" - dico io di slancio.
"Notevole intuizione" - commenta un anziano musicista dalla lunga barba bianca - "Posso conoscere il tuo nome?". Ora il timbro della sua voce è più suadente.
"Cornelius" - rispondo scandendo le sillabe del mio nome.
L'anziano sembra assumere la stessa espressione dell'irlandese.
"Finalmente, vi abbiamo trovato!" - dice infine il menestrello canuto.
Senza aggiungere altro si alza e si avvicina ad un grande gong posto in fondo delle sala.
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Afferra il martelletto e lo scaglia al centro del disco di bronzo del gong.
Lo batte tre volte.
Il suono si propaga nella sala come onde.
La rumorosa folla di colpo ammutolisce.
"Musici venuti da lontano, bardi, menestrelli di ogni dove che con il vostro canto raccontate alla gente cosa succede nel mondo: ecco, trovato il festeggiato che cercavamo: il famoso Cornelius è proprio qui tra noi".
E mi invita a farmi avanti.
Capite? Allude a me, proprio a me!
Mi sembra tutto così irreale. Famoso, io! Sento uno scroscio di applausi, di fischi e di schiamazzi.
Quasi non riesco ad articolare le gambe. M'immobilizza l'imbarazzo.
Infine cedo e mi faccio avanti.
Santo cielo, queste brache calanti e i buchi alle calze che ora sono in evidenza, fuori dalle scarpe!
Io avanzo tremulo e impacciato, sotto lo sguardo di tutti.
Arrivo accanto all'anziano e, dinoccolato, mi fermo.
"Dicci qualcosa, Cornelius!" - mi urlano dal fondo.
Prendo tempo, infine rispondo:
"Perché questa sontuosa festa per me? Come fate a conoscermi?".
La mia domanda suscita un rumorosissimo brusio.
Io mi sento come nudo, al centro dell'attenzione. Sarà perché ho le brache quasi calate!
L'anziano menestrello mi risponde:
"Mio caro! Tu sei noto per aver raccolto e cantato una serie di ballate che attraversano le vicende del Medioevo" - il tono della sua voce è molto convincente. Poi aggiunge:
"A te dobbiamo quest'ultima composizione scritta nei tempi moderni!.
La festa è per te, per ringraziarti di averci fatto rivivere in molte avventura.
Grazie Cornelius!"
Dopo molti applausi i balli e la musica riprende allegra.
Quanto a me, nonostante la gloria, ho sempre il problema di questi bracaloni larghi!!!
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